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di ALESSANDRO AUSTINI FINALE di Champions ad Atene.

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Era il '94 e il Milan sfidava un Barcellona superfavorito. Finì 4-0 per i rossoneri e lui giocò tutti i novanta minuti. Poi, nel '97, un altro trionfo, stavolta con il Real che superò la Juve. A 13 anni di distanza dall'impresa del Milan, il terzino della Roma ci svela il suo nuovo traguardo: giocare un'altra finale con la maglia giallorossa e tornare ancora da Atene a mani piene. la Roma può vincere la Champions? «Se ci vanno bene parecchie cose e giochiamo ad alti livelli, sì. Niente è precluso, ma per arrivare in fondo dobbiamo fare tanta fatica. Dopo Lione, tutti si sono messi a parlare di Atene: invece la strada è ancora lunga. Mancano quattro partite e speriamo ci possano regalare qualcosa di importante». Che sfida sarà col Manchester? «Suggestiva. Due gare da giocare senza paura, con grande personalità: voglio godermele fino in fondo». Ricordi dell'Old Trafford? «Ci giocai col Chelsea: 3-3. Rimasi affascinato dallo stadio. Ma anche loro resteranno colpiti dall'Olimpico». All'andata punterete allo 0-0 come col Lione? «Se mi garantiscono che vinciamo 2-0 in Inghilterra, va bene... Scherzi a parte, ogni partita ha la sua storia. Cercheremo di fare il massimo e di non prendere gol». Prima della Champions c'è il Milan ma Roma sembra dimenticarlo. «È giusto che i tifosi abbiano come obiettivo la Champions. Noi dobbiamo solo pensare al Milan e non al Manchester: bisogna centrare il secondo posto il prima possibile». La Lazio fa paura? «Mi preoccupa soprattutto la Roma se non gioca con l'atteggiamento giusto». Col Milan affronterà il suo passato. «Per me è sempre una gara importante, un motivo di soddisfazione e di ricordi. E ho anche voglia di rivincita». Cosa serve alla Roma per raggiungere il livelli di quel Milan? «Quella squadra vinceva scudetti e Champions: era stratosferica. Noi siamo una realtà importante, ma che crescerà negli anni. Il passo è quello giusto, ma per arrivare ai livelli dell'Inter di quest'anno ci vogliono tre-quattro anni». Non aver lottato realmente per lo scudetto è un'occasione persa? «No, perché le intenzioni della società sono sempre state chiare. Noi diventeremo più competitivi attraverso un programma che prevede acquisti oculati e un miglioramento dell'organizzazione. Poi, è chiaro che la Champions è una cosa diversa». Più passano gli anni, più gioca. Qual è il segreto? «Sto bene mentalmente e fisicamente e ho un allenatore che mi mostra sempre la sua stima. Certo, ogni tanto il giorno dopo la partita accuso qualcosa, come dico al mister: "Ho le scosse di assestamento durante la notte". Ma poi mi rimetto a posto». Vuole prolungare il contratto? «Sì, con la società siamo già d'accordo. Non ci sono problemi, possiamo farlo l'anno prossimo o quando mi scade quello l'attuale. Ora è più giusto rinnovare altri giocatori più importanti per il futuro». Ha paura che questa difesa venga smembrata? «C'è un tetto salariale. Ma i giocatori bravi bisogna pagarli. Basta trovare il punto d'incontro. I calciatori, fin quando giocano, sono un prodotto, poi quando smetti non servi più». Siete il reparto meno battuto in Champions. «Merito dei due centrali che sono cresciuti molto, soprattutto Mexes. E Doni è uno dei portieri più forti al mondo: ci dà una sicurezza enorme». Parliamo di Vallettopoli? «Mi hanno sentito come testimone per una cena fatta con Aida Yespica, Ferrari e Rosaria Cannavò: mi hanno chiesto se avevo pagato per le foto e ho risposto di no». Ha visto Italia-Scozia? «Un pezzo, volevo seguire i miei compagni all'opera. Peccato che Tonetto non sia entrato. Poi mio figlio mi ha fatto cambiare su Cartoon Network e l'ho lasciato fare... ». Dopo il Mondiale, anche l'Europeo lo guarderà in barca? «Sicuramente sarò in vacanza. Con la nazionale ho chiuso». Cosa cambierebbe nel calcio? «I genitori che portano i figli allo stadio e urlano contro chiunque davanti a loro». Un pregio di Spalletti? «È una persona di sani valori che ha conquistato lo spogliatoio: con noi ha una complicità enorme». Un difetto? «Ci fa sempre inizia

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