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Campionato più interessante solo con una nuova formula

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Purtroppo c'erano tutte le premesse perché questa situazione si verificasse. Fuori causa la Juventus, penalizzati Milan, Fiorentina e Lazio, è già andata bene che la Roma sia riuscita, malgrado un organico ridotto e complessivamente meno qualitativo rispetto a quello dell'Inter, a rimanere competitiva almeno entro certi limiti. Che però tendono a dilatarsi pericolosamente. Se è vero che qualche anno fa non bastarono alla Juventus nove punti di vantaggio sulla Lazio ad otto giornate dalla fine per vincere lo scudetto non mi pare che questa volta ci siano le stesse premesse. Se poi mi sbaglio sarò felice di doverlo ammettere. Per il momento, anziché piangere sulle macerie di questo torneo, sarebbe più utile chiedersi come si è giunti a questo disastro, di chi sono le colpe e che cosa si può fare per rimediare. Calciopoli, lo si è capito, covava sotto la cenere. La rete di complicità che ha da sempre (o quasi) caratterizzato il nostro calcio si è rinforzata negli anni fino ad essere accettata come malattia incurabile. Del resto lo scandalo è venuto alla luce perché la procura di Torino ha messo in atto un sistema di intercettazione telefoniche indagando su un problema completamente diverso (il doping della Juve). Credo di avere scritto più di vent'anni fa che si sono stati meno incontri truccati in tutta la storia della boxe (e so di cosa parlo) che in una stagione dei campionati italiani di calcio dalla serie A ai dilettanti. Luciano Moggi è stato scelto (e lui ha accettato il ruolo) come padrino ma è fin troppo evidente che non avrebbe potuto costruire il suo potere se non avesse trovato il terreno ed i complici giusti. Federazione e Lega hanno dimostrato negli anni di non sapere o volere esercitare il proprio ruolo. L'estate di tre anni fa, quella che ci ha regalato la serie B a 24 squadre e poi la serie A a 20 è stata rappresentativa di una incapacità assoluta a governare il giocattolo degli italiani. Naturalmente hanno offerto il loro contributo i presidenti della maggior parte dei nostri club. Quelli che (non potendo licenziare se stessi) sono pronti a licenziare un allenatore ma che hanno accettato un iniquo sistema di distribuzione delle risorse televisive senza capire che esso rappresentava l'unico modo per rendere il campionato più equilibrato e quindi più interessante. Sono gli stessi che si sono illusi di poter creare un sistema alternativo di network televisivo per contrastare lo strapotere dei club più forti, fallendo inevitabilmente nel loro progetto e finendo per farsi reintegrare, accettando le briciole, dal sistema che avevano contestato. Sono gli stessi che hanno accettato una legge che in nome dell'esigenza di un maggior ordine ha di fatto allontanato il pubblico dagli stadi. Un'industria che è stata capace di perdere in venti anni il 50 per cento del proprio seguito (da 38 mila a 19 mila spettatori/partita) pur potendo contare sulla passione del pubblico e sull'appoggio dei mezzi di comunicazione. Il quadro è desolante soprattutto perché mancano la volontà e gli uomini per curare il malato. Perché gli stadi sono sempre più scomodi in rapporto alle esigenze di un pubblico che non è più quello di cinquant'anni fa, quando non aveva l'alternativa della televisione. Se non succede qualcosa di straordinario sarà dura arrivare alla fine di questo campionato ma soprattutto sarà difficile sperare di poterne avere uno migliore in futuro.

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