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«Obiettivo Mondiale»

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Il tecnico fa il bilancio dell'anno appena concluso «Positivo, stiamo costruendo un grande gruppo»

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Inevitabile visti gli impegni in calendario e la loro portata, così come inevitabile appare stilare un bilancio a metà del cammino coinciso con l'inizio del 2007, l'anno dei Mondiali di settembre in Francia. Pierre Berbizier guida la nazionale azzurra dall'aprile del 2005, come giudica il suo secondo anno alla guida dell'Italia? «Il mio bilancio è positivo. Continuiamo a costruire il gruppo arricchendolo con nuovi elementi, proseguiamo nella costruzione del nostro gioco e anche i risultati migliorano. Pensiamo ai confronti con l'Australia nel 2005 e nel 2006: siamo passati da un passivo con 50 punti di scarto ad una concreta possibilità di vittoria a novembre scorso (18-25 il risultato finale, n.d.r.). Sia contro i Wallabies che contro l'Argentina — continua il ct — abbiamo perduto noi i match più di quanto i nostri avversari li abbiano vinti». Dunque qual è il passo successivo? «Riuscire a vincere quando, proprio come con Australia e Argentina, ne abbiamo le possibilità. Possiamo arrivarci solo migliorando nei particolari che rappresentano il vero spartiacque tra il medio e l'alto livello». A che punto è la costruzione di quell'identità italiana che lei aveva annunciato di voler perseguire appena giunto in azzurro? «Siamo a buon punto, abbiamo fatto molto anche se siamo consapevoli che abbiamo ancora ampi margini. Oggi le basi del gioco italiano ci sono e sono valide. La nostra mischia è di altissimo livello e i tre-quarti crescono, la squadra ha una propria identità riconoscibile, inoltre, il livello del rugby azzurro si è alzato come dimostrano i risultati contro Portogallo, Russia e Canada che ci seguono nel ranking». In generale, i risultati dei test di novembre hanno definito un grande equilibrio tra le prime dodici del ranking e sancito una profonda distanza con il resto della classifica. Qual è la sua idea? «Mi pare evidente che, al momento, sia possibile dividere le prime dodici in tre sotto-gruppi. Nel primo c'è la Nuova Zelanda…e basta! Nel secondo vedo l'Irlanda, molto migliorata, Francia, Australia, Argentina, Sudafrica, Galles e Inghilterra. Nel terzo l'Italia è insieme a Scozia, Fiji e Samoa». L'Irlanda è in grande crescita, la Francia contraddittoria, l'Inghilterra in grave crisi. Cosa si aspetta dall'imminente Sei Nazioni? «Quando parliamo del Sei Nazioni, fare pronostici è pressoché impossibile. Io credo che la prima giornata rappresenti sempre una incognita, i primi 80' di gioco possono sovvertire completamente le previsioni fatte a tavolino e rompere gli equilibri pre-costituiti. Anche quest'anno il turno inaugurale sarà importantissimo». E dall'Italia cosa si attende? «Ripeto, il nostro obiettivo principale è quello dei Mondiali. Dobbiamo continuare a costruire senza perdere di vista l'importanza dei risultati. Ai ragazzi chiedo di continuare a crescere giocando un rugby semplice ed efficace, il nostro rugby». L'obiettivo dichiarato sono i quarti di finale alla Rugby World Cup 2007. Cosa significa per lei, una bandiera del rugby francese, guidare l'Italia nel mondiale più importante della sua storia proprio in Francia? «Sono felice di poter partecipare a questa grande sfida, ma non è la sfida di Pierre Berbizier. Sarà la sfida di un grande paese e di un movimento che vogliono dimostrare con i fatti la propria crescita di fronte al mondo del rugby». Il prossimo 14 giugno, al ritorno dal tour in Sudamerica dovrà presentare una lista di 50 giocatori, da ridurre due mesi dopo a 30. C'è ancora spazio per nuovi inserimenti? «Nelle ultime partite di qualificazione e nei test di novembre abbiamo provato alcuni nuovi elementi che hanno allargato la rosa. Nel rugby moderno spesso i giocatori presenti in panchina sono più importanti del XV che comincia la partita, inoltre gli infortuni sono all'ordine del giorno (Canavosio e Pez sono a rischio per il Sei Nazioni, n.d.r.) e si ha bisogno di una rosa profonda e competitiva. Abbiamo il gruppo in testa, ma ci sono dei posti ancora liberi che d

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