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di ALESSANDRO AUSTINI «A ROMA ci verrei anche a piedi».

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Ma se la pronuncia Antonio Cassano l'effetto è devastante. Sì, proprio lui, il talento barese che per cinque anni a Roma ha diviso la città, mandato a quel paese allenatori, dirigenti e compagni. Poi è scappato a Madrid senza salutare nessuno e gli sono bastati due mesi per litigare anche con «papà» Capello. Ora Cassano si pente, proprio nel momento in cui il Real Madrid lo sta scaricando. Non chiede mai scusa, perché gli costerebbe troppo, ma si pente. Lo fa in un'intervista televisiva, da lui stesso richiesta, all'emittente romana Teleroma 56. «Ho sbagliato - ha detto Cassano ieri sera durante "Il processo dei tifosi" - a non parlare prima di andarmene. Credevo che tutto il mondo ce l'avesse con me, invece i tifosi mi fischiavano perché non firmavo il rinnovo: se li avessi ascoltati avrei fatto la cosa migliore. È tutta colpa del mio maledetto orgoglio. Tornando indietro non rifarei tante sciocchezze». Una su tutte non prolungare il contratto con la Roma per volare a Madrid. «Gioco nella squadra più forte del mondo ma non so se ripeterei questa scelta. A Roma ci sarei rimasto tutta la vita, è la città dove vivrò e ora ci tornerei anche a piedi. La vita è bella perché si può sognare. E poi mai dire mai...». Parla a ruota libera Cassano. Ha voglia di spiegare e di ricucire una ferita già troppo profonda. «I tifosi della Roma mi volevano bene. Io invece pensavo che mi odiassero. Ho sbagliato con tante persone ma lo hanno fatto anche tanti altri con me». Tra i motivi della sua rottura con la Roma c'è il rapporto odio-amore con Totti. «Dovevo fare pace con lui, forse a Roma mi sarebbe andata meglio. Ho sbagliato per orgoglio, lui resta il compagno più forte con cui ho giocato e per me era come un fratello. Ho trascorso gli anni migliori della mia carriera al suo fianco. Poi abbiamo discusso per motivi banali: quando è nato suo figlio non gli ho neanche mandato un messaggio. Non mi nascondo, io sono andato alla Roma per lui. E non lo rinnego: è il più forte di tutti. Da parte mia c'è la massima disponibilità a chiarire». Nessuna scusa, però, perché «non sono abituato a farlo. Ma stringersi la mano vale più di ogni altra cosa». E Cassano è pronto a farlo anche con Rosella Sensi. «Con lei ho discusso, ma a settembre abbiamo chiarito tutto. Andai a Villa Pacelli su suggerimento di Vito Scala. Con un buffetto sulla spalla si risolve tutto... ». Facile no? Non finiscono qui le promesse. L'ultima offerta della Roma per il rinnovo fu un quinquennale a 3.5 milioni di euro a stagione. Ora Cassano firmerebbe a occhi chiusi. «L'accetterei subito. Qui guadagno tanti soldi ma pur di tornare in giallorosso mi ridurrei anche l'ingaggio. Se si riaprisse una trattativa con la Roma sarei il primo a chiamare chi di dovere». La sua parentesi spagnola sembra già finita. «Non parlo della mia situazione con il Real Madrid». Poi un'ammissione: «Dovrei avere più rispetto per Capello? È vero, ma non tocchiamo questo tasto altrimenti mi arrabbio. Sto maturando anche se ho un carattere forte e a volte ho ancora qualche "scatto". La Nazionale? Donadoni ha fatto a bene a non convocarmi perché non giocavo e lui rischiava il posto. Il mio grande problema è che non riesco a sacrificarmi. Sto cercando di tornare ad essere un calciatore importante e avere la continuità che mi è sempre mancata». Se fosse rimasto con Spalletti, forse, l'avrebbe finalmente trovata. «Con lui ci siamo lasciati in buoni rapporti perché è come me: dice sempre le cose in faccia. Nella sua squadra mi ci vedo fin troppo bene. Ora ho anche perso peso». La Roma invece ha vinto la «battaglia» con Cassano. Da ieri non c'è più dubbio.

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