Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Gli States pazzi di Agassi da quasi venti anni ai vertici del tennis

default_image

  • a
  • a
  • a

Ero da quelle parti per un incontro di pugilato ed era il 1987. Di Agassi, che aveva appena vinto un piccolo torneo ad Itaparica, in Brasile, conoscevo appena il nome perché il giovanotto non aveva percorso la normale trafila dei tornei juniores.La famiglia Agassi era giunta a Las Vegas perché il papà Mike, dopo avere rappresentato l'Iran come pugile alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, aveva trovato un lavoro come portiere in uno dei tanti alberghi della capitale del gioco d'azzardo. Era stato proprio il papà ad avviare il figliolo al tennis e ad inviarlo presso l'Accademia che Nick Bollettieri gestiva in Florida. Bollettieri ha uno speciale talento per scoprire ragazzi di qualità. Li incoraggia tutti perché quelli meno dotati, ai quali fa pagare rette robuste, gli consentono di ospitare quasi gratuitamente quelli che gli daranno pubblicità. Nel 1987 Agassi aveva giocato anche al Foro Italico ma avendo perso subito contro l'argentino Jaite passò quasi inosservato. Nel 1988, sempre a Roma, perse da Agenor ma nel 1989, a 19 anni era già testa di serie ed uno dei favoriti. Un incontro di secondo turno gli mise di fronte Pete Sampras in una partita che sarebbe stata la prima di una delle serie più importanti nella storia del tennis. Agassi aveva un anno di più ed era più abituato alla terra battuta, quindi vinse facilmente arrivando poi in finale per affrontare l'argentino Alberto Mancini. Ricordo che una televisione americana ebbe la cortesia di chiedermi un parere proprio mentre Agassi e Mancini stavano per entrare in campo. Dissi che Agassi mi sembrava favorito ma che avrebbe dovuto chiudere la partita in meno di tre ore. Allo scadere della terza ora Agassi ebbe un match point, lo sbagliò e finì per perdere 6-1 al quinto set. Quello stesso anno (1989) Agassi si fece conoscere a Flushing Meadows battendo in cinque set Jimmy Connors prima di cedere in semifinale ad Ivan Lendl. Ormai sarebbe stata questione di tempo per vedergli conquistare un titolo dello Slam e per dare concretezza tennistica all'immagine di nuovo fenomeno che i giornali gli avevano creato. La lunga coda bionda, i pantaloncini jeans, le magliette multicolori più adatte ad un lavoratore delle autostrade che ad un giocatore di tennis. La prima grande vittoria si è fatta però attendere. Ha dovuto perdere, da favorito, tre grandi finali (al Roland Garros nel 1990 e nel 1991, a Flushing Meadows nel 1990) prima di vincere, a Wimbledon nel 1992, quella meno attesa. Il resto è storia. Di titoli dello Slam ne ha vinti otto (dopo quello di Wimbledon, ne sono arrivati quattro in Australia, due all'Open degli Stati Uniti, uno al Roland Garros) ma soprattutto Agassi è diventato, dopo Budge, Laver, Emerson e Perry, uno dei cinque tennisti ad aver vinto almeno una volta tutti e quattro i tornei dello Slam. Il percorso non è stato sempre facile. Nel 1997 Agassi, che era già arrivato al numero uno due anni prima, è precipitato al numero 141 chiudendo la stagione al numero 122 ma due anni dopo era di nuovo al vertice. Se l'immagine di Agassi si è trasformata negli anni (spariti i capelli, più castigati gli abiti) sono rimaste identiche le sue caratteristiche di giocatore, che ha inventato un nuovo stile di gioco. Una volta gli attaccanti andavano a rete, i regolaristi stavano in fondo, Agassi è stato un attaccante da fondo, un tipo di gioco reso possibile dalla sua qualità primaria, uno straordinario, inimitabile senso dell'anticipo sostenuto da una eccezionale coordinazione. Arrivando prima sulla palla riusciva a trovare angoli e traiettorie che gli consentivano di dominare il gioco e dettare i tempi. Non è mai stato un grande giocatore di rete. Nel 1994 vinse la finale di Flushing Meadows battendo Stich in tre set conquistando a rete nove punti su dieci discese. Una storia con Barbra Streisand ed un matrimoni

Dai blog