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«Tornerò allo stadio solo quando saranno andati via»

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Non bastassero gli undici punti di handicap nel prossimo campionato oltre che la frattura insanabile tra la maggioranza dei tifosi e Lotito, ecco le parole di Di Canio, pesantissime nei confronti di tutti. Di Delio Rossi, della squadra e soprattutto del presidente, il grande nemico, il vero oppositore alla sua permanenza con la squadra di cui è tifoso da quando è nato. Di Canio va dritto al cuore delle cose senza inutili giri di parole e racconta la sua verità sul doloroso divorzio da quella maglia tanto amata, prima persa poi inseguita per tanti anni passati all'estero fino al ritorno a Roma nell'estate del 2004. Ma ora la storia è finita di nuovo e allora l'ex numero nove biancoceleste esce di scena a modo suo, urlando le sue ragioni per un contratto che non è stato rinnovato nonostante la mobilitazione dei tifosi. Non è bastato che la maggioranza dei laziali avesse chiesto la sua conferma, la società ha temporeggiato e allora Di Canio si è rifugiato alla terza squadra di Roma. Uno sfogo amaro durante il ritiro a Cascia della Cisco che gli ha dato ospitalità dopo la cacciata da Formello. Parole dure ribadite anche in serata alla trasmissione radiofonica degli Irriducibili. A presidente, tecnico ed ex compagni di squadra saranno fischiate le orecchie per le accuse dell'ultima bandiera dei tifosi della Nord. Ma lo strappo già c'era stato e questo è solo un altro capitolo di una storia che tutti quelli che hanno a cuore le sorti del club biancoceleste si attendevano potesse avere un epilogo diverso. E invece è andata a finire male, malissimo, a giudicare dalle dichiarazioni di Di Canio nei confronti di quelli che fino a un mese fa erano il suo tecnico e i suoi compagni di squadra. ROSSI «Quando si è veri, si deve guardare le persone negli occhi. Fa male sentire queste menzogne, non mi ha mai chiesto di entrare a far parte del suo staff: se dice questo è un bugiardo, è lo zerbino del presidente. Dovevo telefonare io a Lotito? Non si è mai visto che un giocatore debba chiamare la società per strappare il rinnovo del contratto. Sono andato via per colpa sua e di Lotito. Ora l'allenatore cerca scudo con il mio nome per coprire gli errori commessi, ma la Lazio è dei tifosi, non è loro. Il 9 luglio mi hanno chiamato tanti amici dalla Lazio, lui no. È sparito, umanamente non vale. Non mi aspettavo che un uomo di 50 anni non si prendesse le sue responsabilità. In questi giorni ci sono state da parte sua dichiarazioni chiare e precise sulla mia conferma, bastava dirlo e non stare con il piede in due staffe. Il 30 aprile mi avrebbe potuto dire che non contava su di me e io me ne sarei andato in Australia. Riconosco che Rossi è un grande professionista, sarei un disonesto se dicessi il contrario. Però, lui non è garanzia di miglioramento, pensa al suo stipendio, non alla squadra. Ha pure sparato sulla gente quando, il giorno dell'ingresso in Europa, ha ringraziato solo Lotito e non quei tifosi che gli avevano dedicato i cori per tutto l'anno. Non metterò mai più piede all'Olimpico fino a quando ci saranno loro. Gli auguro di fare settanta punti, ma solo in quel caso gli stringerò la mano. La fascia di capitano? Ho accettato di non prenderla da camerata. Rossi ha preferito darla a quei giocatori che erano alla Lazio da più anni». LOTITO «Sto sempre con i tifosi contro Lotito. Per due anni la società non c'è mai stata con i direttori sportivi che, senza alcun potere, si alternavano. Sarò sempre il suo primo contestatore e farò un grande festa quando se ne andrà: è un giullare. Sarà il nostro giorno della liberazione. Il giorno in cui i laziali si saranno liberati di personaggi di questo tipo. Calciopoli? Lotito faceva parte di un certa associazione anche se è vero che la squadra due anni fa non ha avuto nessun favore. Ci siamo dati da fare tanto sul campo ma lui è riuscito lo stesso a mettere nei guai il club. Sì, lui voleva serdersi al tavolo dei potenti senza nemmeno riuscirci ed è per questo che hanno condannato la Lazio. Così è riuscito a da

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