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Domani a Capannelle il 99° Premio Parioli che apre la stagione del «miglio»

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sicuramente meno della fortuna in monete d'oro che aveva accumulato negli ippodromi dell'antica Roma, guidando alla vittoria in oltre duemila corse (un numero enorme per quei tempi di breve vita agonistica e difficoltosi spostamenti) cavalli celebri come Oceano, Danao e Silvano. La tomba di Publio Elio Calpurniano, reuccio delle piste dei Cesari, era sulla Via Flaminia, all'incirca dove nel 1907 la Società Parioli cominciò a realizzare un nuovo tracciato a mano sinistra molto spettacolare: quello che quattro anni dopo veniva inaugurato come Ippodromo dei Parioli. Oggi quell'area fra il Tevere, Villa Glori e Viale Tiziano è occupata dal Villaggio Olimpico; allora era l'anticamera della Campagna Romana, una spianata che le piene del fiume trasformavano prima in lago e poi in palude. Verso Ponte Milvio furono realizzate quattro tribune coperte (con i box sul retro) e la zona arrivo del grande ovale, il quale dall'altro lato sfiorava una lunga carrareccia, Via dei Settanta (che scendeva dalla vecchia Vigna dei Glori) a ricordo di Enrico Cairoli ed i suoi compagni, decimati mezzo secolo prima su quel colle dalle schioppettate papaline. Ora quella strada sterrata è Via De Coubertin, dove sorge l'Auditorium. Con le vecchie Capannelle in disuso (vi si correva solo il Derby), l'ippodromo ai confini fra Flaminio e Parioli (l'emergente quartiere residenziale che stava sfrattando osterie e vigne - dove si produsse il primo Merlot del Centro Sud - dagli antichi Monti Peraioli) riattizzò l'ippica romana e la nuova coppia di «poules» (il Premio Parioli open ed il Regina Elena per le femmine) richiamarono scuderie, pubblico e finanze. Nella prima edizione del 1907 (che, come le tre successive, venne corsa alle Capannelle in attesa che l'impianto di Roma Nord fosse completato) ci fu un'accoppiata di vittorie della Sir Rholand - una delle sette più importanti scuderie dell'epoca, già prima in cinque Derby - che intascò sia le 50 mila lire del Parioli con Gostaco che le 15 mila dell'Elena con Mandrée. A marcare stretto quei successi si intravedeva però un'ombra lunga e occhialuta: Federico Tesio. Il quarantaduenne capitano di cavalleria, come l'Ippodromo di Viale Tiziano fu inaugurato nel 1911, piazzò la micidiale doppietta di Guido Reni (1° al Parioli e al Derby) per poi proseguire nei successivi sei anni - nonostante gli impegni militari nella Grande Guerra - con quattro vittorie nell'Elena ed altrettante nel Nastro Azzurro. Ritornata la pace tra gli eserciti d'Italia e Austria, stava però finendo quella dell'impianto sotto al colle dei Cairoli: ceduto negli Anni Venti al Governatorato di Roma, la sua area fu divisa fra il Campo Dux (piazza d'armi dell'emergente regime), il terreno di gioco della Lazio - e cinodromo - della Rondinella ed il nuovo Ippodromo Villa Glori per il trotto («amato dai Mussolini» come ricorda il collega Mauro Sbarigia ed infatti Vittorio e Bruno, rampolli di Benito, avevano la Scuderia Sorci Verdi) inaugurato con il 1° derby-trotter, vinto da Malacoda, nel 1926. Questo «salotto di buona famiglia» - come lo ricordava con nostalgia Alberto Giubilo - fu scioccamente demolito nel 1959 per far posto al Villaggio Olimpico. Nel '26 si tagliò il nastro pure delle nuove Capannelle realizzate dal costruttore Tudini ed il Premio Parioli (che nel '18 si corse a Milano) si spostò definitivamente nel bell'impianto disegnato dall'architetto Vietti Violi. Quell'anno vinse Toce, figlio del derbywinner 1921 - e secondo nel Parioli - Michelangelo (allevato da Tesio), il primo fuoriclasse nato in Italia.

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