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Poker Juve, Roma ko

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Poi un lampo, il gol di Nedved nel recupero con responsabilità di Doni e Panucci. E al ritorno in campo, una Roma dissolta, difesa a maglie larghissime, sfaldate, offerta inerme al micidiale contropiede della capolista. In un quarto d'ora, la Roma era sotto di quattro gol di fronte a un Olimpico attonito, incapace di reagire proprio come i suoi eroi ridotti a comparse e logicamente distrutti nel morale. Dopo quel primo tempo, era già difficile adattarsi a un minimo svantaggio: la punizione, e la delusione, hanno raggiunto vertici impensabili. Un'umiliazione non meritata, un passivo figlio anche di una sorta di follia collettiva prodotta dal raddoppio in apertura di ripresa, senza avere il tempo di costruire quella rimonta che la fase precedente rendeva traguardo ragionevole. La valutazione della prova romanista va dall'alto livello del primo tempo al tracollo determinato dalla esiziale raffica juventina. A Montella, che era stato a lungo interprete migliore rispetto al più atteso Totti, si sarebbero potuti affiancare i difensori centrali, se non fossero clamorosamente mancati quando il centrocampo si è votato all'inutile assalto, lasciando praterie agli attaccanti avversari. Un rigore di Totti, per fallo non limpido di Thuram (espulso per la chiara occasione da gol) su Montella, una magra consolazione. Ancora una volta la vittoria andava alla squadra più cinica, ma anche più attrezzata per tutte le circostanze: danno minimo nei momenti difficili, crudele capacità di infierire con il cambiamento di vento. Ci voleva la Juventus per ritrovare la cornice delle serate di lusso all'Olimpico: il simbolo, insomma, di una ciclica rivalità, accentuata dalla battaglia politica condotta prima da Viola e poi da Sensi. Una cornice che neanche il primo derby stagionale era stato capace di proporre. Senza toni violenti, ma con grande intensità, la contestazione nei confronti della nuova linea politica della società: Rosella Sensi invitata ad andarsene attraverso l'inequivocabile linguaggio di tanti e tanti striscioni, poi anche qualche coro dello stesso tenore. La prima autentica sorpresa, amara per la Roma, nella fase di riscaldamento: Mancini bloccato da un risentimento al polpaccio destro, inutili i tentativi di porvi rimedio, forzata sostituzione con Dacourt. Una beffa autentica, per la Roma, trovarsi sotto di un gol alla fine di un primo tempo che i giallorossi avevano interpretato con straordinaria intensità, non premiata dalle cifre. Pressione altissima, costanti anticipi anche di fronte a due mostri sacri del centrocampo come Vieira a il fischiatissimo Emerson. Toni agonistici alti, però senza i toni sgradevoli che avevano caratterizzato molte sfide tra le due squadre, la prima ammonizione dopo quasi quaranta minuti a Nedved, poi anche a Vieira, misura eccessiva. Tante occasioni nel contesto di una partita vivace e piacevole, ma la Juve non era l'Inter disposta a concedere spazi, sorniona, pericolosa sul finire del tempo prima di trovare, in pieno recupero, un vantaggio che non avrebbe meritato. Azione sulla destra impostata da Zambrotta per Camoranesi: sul cross, incerto Doni che avrebbe dovuto tentare l'uscita, sorpreso Panucci dall'elevazione di Nedved alle sue spalle. Poi quel terrificante quarto d'ora: Trezeguet uscito dal letargo, testa facile sul cross di Zambrotta; poi capolavoro di Ibra, tacco a saltare Kouffur, scatto feroce, destro violento; e ancora Trezeguet, tocco facile facile sull'incursione di Ibra, a sinistra, in un'area non più presidiata. A chiudere, il rigore di Totti, inutile.

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