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di TIZIANO CARMELLINI MA SENTI da che pulpito viene la predica, verrebbe da dire dopo ...

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Vecchi attriti mai sopiti, storie di altri tempi, sempre con Roma e Juve a darssele di santa ragione. Da Turone in poi è stata guerra e oggi si respira di nuovo quell'aria densa. Così, Lippi ieri è partito all'attacco nella conferenza stampa di spiegazione dopo la batosta dell'Olimpico. «Non sanno vincere — attacca il tecnico della Juventus dopo la sconfitta dell'Olimpico e i gesti di Totti a Tudor che lo stava insultando dalla panchina da venti minuti — una grande squadra non fa quelle cose. Se gli avversari ti prendono in giro non puoi essere contento, anche se noi siamo sereni lo stesso». Non parla espressamente di Roma, nè tantomeno di Totti (in perfetto stile Juve, ndr) ma il riferimento è palese. «I grandi giocatori — continua appunto Lippi con volto scuro — dovrebbero avere un atteggiamento diverso e le grandi squadre atteggiamenti rispettosi verso gli avversari. Vi posso dire che chi vince 4-0 certe cose non le fa: e parlo di tutto quello che hanno fatto domenica all'Olimpico. Il Milan non si sarebbe comportato così: grandi si diventa anche sapendo vincere. Bisogna imparare a vincere per diventare grandi». Detta così la cosa sembrerebbe non fare una piega, se non fosse che la predica arriva proprio dalla Juve, una società non certo leader nel fair-play. Totti ha reagito agli insulti di Tudor che già dalla panchina aveva iniziato ad apostrofare il capitano. Eppoi vogliamo ricordare le corna di Maresca al derby col Torino di qualche stagione addietro? O il gesto «delle orecchie» proprio del vice-presidente Bettega rivolto alla tribuna autorità del Dall'Ara a Bologna dopo il gol del pareggio di Camoranesi nel finale? O i suggerimenti di Nedved a Zambrotta dopo l'inesistente fallo da rigore subìto al Delle Alpi sempre contro il Bologna? Meglio di no, sarebbe inutile come ricordare la plateale esultanza del dottor Galliani (tanto per citare l'intoccabile Milan) dopo il pareggio dell'udinese all'Olimpico con la Roma a tempo scaduto. La Roma comunque non replica alle accuse che arrivano da Torino, bocche cucite anche sul fronte Lippi. Il concetto è: inutile rispondere con intelligenza a una frase stupida, così come sulla questione economica sollevata da Moggi che ha accusato la Roma di aver fatto i lpasso più lungo della sua gamba (vedi gli acquisti di Dacourt e Cassano). Anche perché basta ricordare, in relazione agli acquisti spropositati indicati dal dg bianconero, che Dacourt è stato preso dalla Roma in prestito gratis e che per Cassano proprio la Juve aveva offerto la stessa cifra al Bari: fu poi il giocatore a scegliere Roma perché sognava da tempo giocare assieme al suo idolo Totti. Ma se da Torino arrivano saette contro l'atteggiamento giallorosso e di Totti in particolare, a Roma è ormai mania. Il capitano fa di nuovo moda, dopo il «vi ho purgato ancora» rivolto ai cugini laziali nel famoso derby capitolino, sono pronte le magliette con la sequenza del gesto a Tudor. Lo «shhhh...», poi il quattro e il gesto «tornatevene a casa», faranno bella mostra sul petto dei più agguerriti tifosi romanisti. Gigi Proietti associa addirittura il capitano giallorosso a un suo personaggio teatrale Pietro Ammicca: uno che mima le cose che deve dire. Definsice il gesto del romanista «delicato come uno dei suoi cucchiai» e invita gli adulti a «non drammatizzare per una smorfia di un ragazzino». Il calcio è una febbre molto contagiosa e la rivalità con la Juve troppa per finire ai confini del mondo calcistico. Così, il gesto del capitano giallorosso entra in politica e fa da chiusura al Ballarò di Raitre. Il conduttore Giovanni Floris, romanista doc, non resiste e sui titoli di coda sostituisce il solito arrivederci col gesto «completo» del capitano. È il pallone nella politica, o la politica ne

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