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di MARCO GRASSI SI APRONO domani 20 giorni di caccia serrata all'extraterrestre.

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Da Maurice Garin, valdostano primo vincitore della Grande Boucle (quando le tappe misuravano oltre 400 chilometri e si partiva all'alba per stare quasi venti ore in sella), alla quaterna di Armstrong, che ha accompagnato il Tour a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, sono passate 90 edizioni della corsa (le due guerre mondiali hanno interrotto per dieci anni lo spettacolo), ricche di protagonisti che saranno puntualmente tutti ricordati nel corso di questo Tour del centenario, ma inopinatamente povere di vittorie italiane: appena nove successi, un dieci per cento assolutamente non rappresentativo del peso che i campioni azzurri hanno avuto nel ciclismo mondiale. Ai due successi di Bottecchia ('24 e '25), di Bartali ('38 e '48, unico capace di vincere due edizioni a dieci anni di distanza l'una dall'altra) e di Coppi ('49 e '52) sono seguite le affermazioni di Nencini ('60), Gimondi ('65) e Pantani ('98, sembra l'altro ieri ma sono già passati cinque anni). Dopo il grande ritorno degli italiani protagonisti in terra di Francia negli anni '90 (Chiappucci e Bugno conquistarono podi prima del Pirata), c'è stata qualche stagione di riflusso. Questo 2003 sembra invece l'anno del riscatto: abbiamo uomini che faranno innamorare anche i francesi, dopo aver concesso spettacolo al Giro. Ma esaminiamo il borsino dei protagonisti del nascente Tour. Lance Armstrong. Il predestinato, Mister «Four» de France (ne ha vinti quattro, e di seguito), il corridore che visse due volte (prima e dopo il baratro del cancro, da cui è risalito ancora più forte) è chiaramente il faro della corsa. Non potrebbe essere altrimenti, visto che dopo la grandiosa quaterna 1999-2002, nel corso della quale non ha lesinato umiliazioni (sportive) agli avversari, Lance resta il primo favorito, non foss'altro che per un tracciato che Leblanc continua a disegnargli addosso: tanti chilometri a cronometro, troppi rispetto alle difficoltà altimetriche previste tra Alpi e Pirenei. Ma Armstrong non sembra esattamente lo stesso di dodici mesi fa: passato in inverno attraverso una crisi matrimoniale (rientrata, pare), ha vinto nella prima metà di giugno il Criterium del Delfinato, ma non l'ha dominato come nel 2002. E ha fatto balenare l'ipotesi che quest'anno, in salita, sia un po' più attaccabile che in passato. Gilberto Simoni. Lo splendido vincitore del Giro ha tutte le carte in tavola per rovinare i piani di Armstrong. Il Simoni visto quest'anno alla corsa rosa è un corridore che non è mai stato così maturo, capace di fare sfracelli in salita ma di dire la sua anche a cronometro. Sarà lui la fonte dello spettacolo, in montagna, e se poi ci saranno ricadute positive in classifica, tanto meglio. Lui, da parte sua, è fermamente convinto di poter contrastare efficacemente l'americano, ma cerca alleati in corsa. Stefano Garzelli. E potrebbe proprio essere il nemico del Giro il miglior amico che Simoni potrà trovare in Francia: se metteranno da parte la rivalità (signorile) nata in Italia, i due potranno aiutarsi tanto, attaccando ora l'uno, ora l'altro. Difficilmente (più di Simoni, almeno) il varesino potrà puntare a vestirsi di giallo. Ma qualche successo di tappa è ampiamente alla sua portata. Iban Mayo. Eccolo, un altro possibile alleato di Simoni: è il giovane spagnolo che ha scoperto le carte di Armstrong al Delfinato (dove l'ha staccato in salita, prima di essere ripreso in discesa). Il 25enne basco punta al podio, e siamo certi che sulle montagne farà la sua parte per far scendere il re dal trono. Tyler Hamilton. Primo al Romandia e alla Liegi, l'altro americano della partita sarà un pessimo cliente a cronometro per Lance, suo ex capitano. Difficilmen

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