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I rischi del caso Catania

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Andata in archivio una delle pagine più vergognose nella storia del nostro campionato (l'ultima giornata del torneo di serie A ha visto episodi che dovrebbero far riflettere ed insieme arrossire) ecco che scoppia nelle mani della Federcalcio il caso Catania che, al momento, impedisce di avere un quadro preciso sulla composizione dei campionati della prossima stagione. Senza entrare nei dettagli, che nella sostanza sono abbastanza semplici, è sufficiente ricordare che nella partita Catania-Siena giocata il 12 aprile il Siena ha schierato il giocatore Luigi Martinelli che aveva appena scontato una giornata di squalifica. Tuttavia lo stesso Martinelli aveva disputato, lo stesso giorno del turno di squalifica, una partita con la squadra Primavera. Di qui il reclamo del Catania che ha innescato una serie di quattro provvedimenti ognuno in contraddizione con quello precedente. La disciplinare ha confermato il risultato ottenuto sul campo (1 a 1), la CAF ha assegnato la vittoria al Catania, la Corte Federale annulla la decisione della CAF e riporta il risultato sull'1 a 1 infine il Catania si rivolge al Tar (di Catania) che le da ragione. Il caso assume importanza ai fini della classifica. Fortunatamente non è in discussione la promozione del Siena, che sarebbe andato in serie A anche senza i due punti in meno, ma il risultato di quella partita diventa decisivo per la retrocessione. Con i due punti in più il Catania sarebbe salvo mentre Napoli e Venezia dovrebbero disputare una partita di spareggio per determinare la quarta retrocessa. Fiutato il pericolo Venezia e Napoli mandano i giocatori in vacanza per impedire, di fatto, la possibilità di uno spareggio mentre il Catania reclama un posto nella nuova serie B. Nasce allora il solito partito del compromesso, sempre pronto ad entrare in azione, che propone per la prossima stagione una serie B a 21 squadre, una formula che ha un solo precedente in serie A (campionato 1947-48) e due in serie B (stagioni 1950-51 e 1967-68). E' fin troppo evidente che Fair Play rigetti l'ipotesi del compromesso e sia invece favorevole al mantenimento del risultato ottenuto sul campo. Il cavillo dell'eventuale posizione irregolare di un giocatore per una partita giocata con la Primavera dovrebbe fare arrossire chi vi si è aggrappato anche se non c'è da attendersi nulla di diverso da un club che ha cambiato quattro allenatori in una stagione. L'occasione sarebbe buona per introdurre una norma che sia sempre valore del campo, salvo prendere provvedimenti punitivi nei confronti di chi commette irregolarità di questo tipo. Non si tratta di cambiare le regole in corsa ma più semplicemente di risolvere nel modo più sportivo casi che mettono continuamente in discussione la regolarità dei nostri campionati, peraltro già compromessa dal disinvolto atteggiamento di giocatori, dirigenti e tecnici. Il guaio è che il tasso di fair play nel nostro calcio è così basso che molte altre squadre si sarebbero comportate come il Catania ma l'augurio è che Coni e Federcalcio non vogliano perdere questa occasione per difendere non tanto le decisioni degli ordinamenti sportivi ma la stessa dignità del nostro sport. Il giorno in cui un Tar qualsiasi ha voce in capitolo nella determinazione del risultato di un evento sportivo non è un bel giorno non solo per il nostro sport ma anche per il nostro paese.

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