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Traffico e cantieri: due ore e mezza per 12 chilometri. Benvenuti a Roma

Susanna Novelli
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Due ore e quindici minuti. Tanto dura il volo da Roma a Parigi. Due ore e 35 minuti. Tanto ci si impiega da Ciampino - l’aeroporto che serve low cost e voli di Stato - a piazza Venezia. Dodici chilometri circa di pura follia. E già perché il maxi cantiere al Vittoriano è soltanto la meta finale di un viaggio che può risultare infernale. Si parte dall’Appia Nuova intorno alle 9.30, quando almeno il traffico di scuole e uffici dovrebbe essere smaltito. Una volta passato l’incrocio infernale di via delle Capannelle si spera che lo stallo dovuto al semaforo «senza tempo» si velocizzi un pochino. E invece niente. Si resta fermi ad ammirare l’agro romano, con la Villa dei Quintili a fare da sfondo. Si scende per l’Appia Pignatelli, meno semafori e niente negozi a differenza dell’Appia Nuova. Dovrebbe essere la «via di fuga» perfetta per accorciare la tabella di marcia. E invece niente.

 

Un lungo serpentone di auto e furgoni oscura l’orizzonte. Decine di minuti interminabili per arrivare a un altro semaforo «senza tempo», di quelli insomma che tra il rosso e il verde sembrano cadere in un limbo indefinito. Via dell’Almone. Dove sono decine le auto incolonnate per attraversare la Caffarella e andare in direzione Appia, Tuscolana, Casilina.

 

L’unico sollievo è pensare che, superato l’incrocio diabolico, arriverà poi l’Appia Antica, in un tratto dove corre solitario il muraglione delle Catacombe di San Callisto. E invece niente. La fila non perdona. Si procede a passo d’uomo. Uno sguardo fugace al «Quo Vadis» sembra quasi una beffa. E ancora a fatica fino a Porta San Sebastiano, Porta Metronia, Circo Massimo. Avanti e dietro le stesse auto di un viaggio che sembra interminabile. Ancora a passo d’uomo ci si avvicina al centro, a quel centro che comincia a fare paura. Passare per via Petroselli e via del Teatro Marcello è impossibile. Meglio provare ad attraversare San Giovanni, piazza dell’Esquilino, e scendere per via IV Novembre. Un’idea che non paga.

Lavori in corso e un corteo ben poco «sponsorizzato» chiudono proprio piazza dell’Esquilino e tutta via Cavour. Un incubo dal quale non ci si sveglia più. Ma la speranza è sempre l’ultima a morire. Con l’ingresso nella Ztl il traffico dovrebbe alleggerirsi. Ma la visione di via IV Novembre già da via Nazionale mette i brividi. Un girone infernale, dove al traffico in tilt si aggiungono pedoni, turisti distratti, monopattini e ciclisti. La rassegnazione accompagna la meta finale, via del Corso e con uno sguardo a una via del Tritone invasa da un lungo, immobile serpentone di lamiere, si pensa con terrore al ritorno a casa.

 

Lo stesso orrore provato da chi ha deciso, invece, di scegliere la metropolitana, proprio per evitare il caos infernale che regna ormai in superficie. E invece niente, un’infiltrazione d’acqua ha fermato la tratta della metro A nell’ora di punta del mattino, provocando ritardi e assembramenti sulle banchine. La replica poi nel pomeriggio, quando un violento acquazzone ha addirittura allagato la stazione Battistini e altre criticità hanno riguardato soprattutto la linea A. E "sopra" non è andata meglio. Allagamenti, rami caduti e buche, hanno trasformato la viabilità capitolina in una scena horror. Ecco allora che forse ha ragione chi in questi giorni ha proposto con forza il ritorno allo smart working. Un lockdown imposto, insomma, per cercare di sopravvivere a una città ormai fuori controllo

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