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Indagine Federlazio, la guerra in Ucraina frena la ripresa economica

Damiana Verucci
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Era andata abbastanza bene, tutto sommato, Covid, crisi, problema con il reperimento delle materie prime e con il personale, introvabile per il 35% delle aziende laziali. Ma il tessuto produttivo della nostra Regione aveva retto e aveva fatto meglio del resto d’Italia. La guerra in Ucraina, però, è stata un’ulteriore dura prova di resistenza e oggi le aziende, specie quelle più piccole, stanno pagando un conto salato. L’ultima indagine di Federlazio sulle conseguenze della pandemia parla chiaro: all’inizio del 2022, nonostante una serie di preoccupazioni connesse all’incremento dei costi dell’energia e alle difficoltà emergenti nel reperimento di materie prime e semilavorati, gli imprenditori hanno espresso una generalizzata fiducia nella possibilità di consolidare la crescita realizzata nell’intero arco del 2021. Il fatturato delle imprese è aumentato costantemente per tutto l’intero anno con tassi tendenziali a due cifre: a febbraio 2022 il livello raggiunto è risultato superiore del 20,9% rispetto allo stesso periodo del 2021 e dell’8,6% rispetto al 2019. Si è quindi ampiamente recuperato il terreno perduto nel corso della fase più acuta della pandemia. Anche l’export ha fatto la sua bella figura con una crescita del 18,2%. Positivi perfino i dati sull’occupazione con un saldo di opinioni del +6,4%. Anche se l’incremento dei livelli occupazionali si è verificato prevalentemente tra le imprese di maggiore dimensione.

 

 

 

 

La guerra ha reso però tutto molto più complicato. Si sono infatti acuite le criticità emerse in precedenza, ovvero l’incremento dei costi dell’energia e l’approvvigionamento delle materie prime e semilavorati. Già prima degli eventi bellici più della metà delle imprese dichiarava impatti negativi per la propria attività dall’aumento dei costi dell’energia, che avrebbero messo a rischio la loro sopravvivenza nel 6,6% dei casi, o compromesso i risultati della ripresa, nel 27%, o ancora un rallentamento della crescita, per il 19,6%. Ancora più diffuse risultavano le difficoltà sulle catene di approvvigionamento di materiali e semilavorati che hanno impattato su oltre il 70% delle aziende con conseguenze molto o abbastanza gravi nel 52% dei casi. Il conflitto ha abbassato tutti i valori positivi soprattutto nel caso delle aziende che operano sui mercati internazionali. La stima, ad oggi, è che i saldi di opinione relativi al fatturato si siano ridotti tra il 10 e il 15%. «Nonostante gli sforzi profusi e i risultati ottenuti per uscire dalla crisi causata dalla pandemia, oggi ci troviamo di fronte a una nuova tempesta – spiega Silvio Rossignoli, Presidente Federlazio - Dobbiamo essere consapevoli che la guerra in Ucraina ha e avrà conseguenze irreversibili sull’assetto geopolitico e dei mercati sia su scala globale che a livello locale».
 

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