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Valerio Massimo Manfredi, in tutto il Lazio c'è una sola camera iperbarica. Ecco perché è stato trasferito

Antonio Sbraga
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L’ossigenoterapia mostra un fiato sempre più corto nel Lazio. E il trasferimento d’urgenza dello scrittore Valerio Massimo Manfredi, trasportato nottetempo giovedì scorso da Roma a Grosseto in elicottero in cerca di una camera iperbarica disponibile, evidenzia in tutta la sua drammaticità la carenza di queste strutture nella regione. Dov’è rimasta in funzione solo una Camera Iperbarica pubblica, installata presso il Dipartimento di Anestesiologia e Rianimazione del policlinico Umberto I.

 

Ed è la sola che può essere utilizzata in caso d’emergenza, anche perché l’unica alternativa rimasta è privata: la camera iperbarica dell’Istituto "Marco Pasquali" (ICOT) di Latina, infatti, appartiene al Gruppo Giomi ed è accreditata con il Servizio sanitario regionale. Però «funziona solo privatamente e unicamente nel corso della mattinata», spiegano al centralino della struttura pontina, che nel 2016 era rimasta chiusa per oltre 2 anni.

 

A Roma, in un’altra struttura privata, gli ultimi auspici «che al più presto possano riprendere i lavori al nuovo Centro Iperbarico a San Basilio in via Pollenza 4», risalgono invece al maggio scorso: «Noi speriamo di darvi presto notizie della data di prossima apertura del centro Iperbarico, ma per il momento non sappiamo quando». Mentre l’altra camera iperbarica di Civitavecchia non solo è chiusa dal lontano 2005, ma il 28 ottobre scorso è stata anche messa in vendita con un bando pubblico dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, proprietaria della struttura.

«Camera iperbarica comprensiva del modulo abitativo prefabbricato e ogni altro tipo di attrezzature presente nel centro iperbarico», questo l’oggetto del bando, con l’aggiudicazione effettuata il 3 dicembre scorso per una struttura che, proprio in questi giorni, dovrebbe essere smontata e portata via. Fra le proteste dell’associazione Volontari "Francesco Forno" che, dal 1998 al 2005, ha «creato e gestito, dentro il porto di Civitavecchia, per conto dell’Autorità Portuale, questa camera iperbarica da 10 posti effettuando numerosi interventi di emergenza e di ossigenoterapia».

 

L’associazione da anni chiedeva di poter riattivare la struttura ormai destinata, invece, in via di smantellamento. Eppure con l’ossigenoterapia nelle camere iperbariche si possono curare ben 15 tipi di diverse patologie: dall’intossicazione da monossido di carbonio come nel caso dello scrittore Manfredi all’embolia gassosa ed arteriosa, dalla gangrena umida delle estremità dei diabetici alla radionecrosi tissutale. Ma anche le insufficienze vascolari, le ferite infette da flora batterica, le patologie retiniche, la sindrome da schiacciamento, la sordità improvvisa e l’osteomielite. Per i subacquei sportivi o i sommozzatori professionisti la camera iperbarica viene usata nei casi di permanenze subacquee oltre i limiti di non decompressione. E, in una Regione caratterizzata da oltre 130 chilometri di costa come il Lazio, la carenza di queste strutture diventa ancora più grave. Anche perché la Regione sembra ignorarne, peraltro, il peso dei relativi costi, come ha evidenziato nella relazione che accompagna il bilancio consuntivo del policlinico Umberto I l’ex direttore generale dell’azienda ospedaliera, Vincenzo Panella. Rimarcando gli effetti negativi sui conti del nosocomio «a causa di un’assenza totale di finanziamenti specifici per alcune funzioni essenziali erogate dall’azienda policlinico per conto del servizio sanitario regionale e ancora non riconosciute come tali (ossigenoterapia iperbarica, Spdc, che hanno generato un aggravio delle perdite di esercizio di circa 6.700.000 euro)».
 

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