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Malasanità, indennizzi bloccati: il governo Conte non pagherà fino a dicembre

Francesco Storace
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Il governo di Giuseppe Conte ha addirittura negato risarcimenti economici per la malasanità a chi ne aveva diritto. Chi ha avuto addirittura un familiare deceduto per un errore sanitario e si è visto riconoscere in tribunale il diritto ad essere indennizzato è bloccato fino a dicembre di quest’anno dal decreto legge mille proroghe. Vanno così in cavalleria i diritti di tante persone che subiscono un lutto dovuto all’errore. Il cinismo di governo è davvero inarrivabile.

Col cosiddetto milleproroghe si è appunto allungato il termine che si era fissato a dicembre 2020 col decreto rilancio legato all’emergenza Covid. L’allarme è stato lanciato dalla popolare Radio Radio in una trasmissione curata da Ilario Di Giovambattista che aveva in collegamento alcuni avvocati impegnati proprio contro la malasanità. Abbiamo approfondito il tema, e non solo è tutto vero ma c’è anche la beffa.

Ricapitoliamo. Attorno al mese di maggio dello scorso anno, nella schizofrenia legislativa del governo Conte spunta il decreto legge denominato rilancio. Un decreto composto da centinaia di articoli, impossibili da vagliare con serietà, immaginiamo. E una manina ha pensato alla sanità.

Al quarto comma dell’articolo 117 ecco la sorpresa. Apparentemente per aiutare le povere Asl. Il decreto 34/2020 prevede che “Al fine di far fronte alle  esigenze straordinarie  ed  urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19  nonché per  assicurare  al Servizio sanitario   nazionale   la   liquidità necessaria   allo svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 19  del  decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere  intraprese  o proseguite azioni esecutive.  I pignoramenti  e  le  prenotazioni  a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni  agli  enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della  data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del  Servizio  sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per  le  finalità dei predetti enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e  al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite  durante  il suddetto periodo. Le disposizioni del  presente  comma  si  applicano fino al 31 dicembre 2020”.

Politicamente era il periodo in cui si poteva praticamente scrivere qualunque razza di norma e chi aveva voce per dubitare. Alla Camera presentarono un emendamento soppressivo del comma alcuni deputati di Forza Italia, in prima linea Andrea Mandelli e Stefania Prestigiacomo. Nulla da fare.

La relazione illustrativa del governo al comma in discussione era assolutamente generica: la norma – si diceva – era finalizzata ad “agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti introduce una sospensione temporanea delle azioni esecutive nei confronti degli enti sanitari fino al 31 dicembre 2020”.

Manco per idea. Grazie a quello stratagemma, si sono bloccati anche i rimborsi dovuti e non solo per la malasanità, ma anche alle spettanze per le imprese che non venivano pagate dalle Asl.

Alla fine dello scorso anno si sperava che l’attesa terminasse, ma nelle pieghe del decreto milleproroghe la nuova mazzata di governo. Articolo 3, comma 8, è qui che si annida la proroga a dicembre 2021 di quanto era stato disposto fino al termine del 2020.

Una beffa per chi ha dovuto subire tragedie e ora non sa più come fare per mantenere i propri familiari, magari per la morte per errore sanitario di uno dei genitori. Il decreto milleproroghe è fermo in commissione bilancio alla Camera: ci vorrebbe la mano santa di qualche parlamentare che scrivesse la frase “fatti salvi i pagamenti dovuti a sentenze legate agli errori sanitari”, o qualcosa del genere. Si renderebbe giustizia a chi oggi è ancora disperato.

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