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Su cinema e teatri cala il sipario

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Damiana Verucci
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La cultura paga un conto altissimo alla pandemia. In una situazione che per settori come cinema, teatri, era già abbastanza critica prima dell'emergenza e della chiusura delle sale imposta dal Governo con il primo e il secondo lockdown, diventa a dir poco proibitiva dopo mesi di mancati incassi che soprattutto per i più piccoli significa morte certa. Dal centro alla periferia Roma si sta piano piano spopolando di luoghi culturali simbolo, sale che hanno fatto la storia del cinema o del teatro e i cui palcoscenici sono stati calpestati da artisti di fama mondiale. Nell'ultimo decennio sono almeno una quarantina le sale chiuse. In tutto il comparto conta 120 cinema e 450 schermi sul territorio, 16 milioni di presenze (prima Covid naturalmente) e 120 milioni di incasso solo al botteghino, oltre a 2.500 occupati diretti e dell'indotto.

Di recente è calato il sipario sul Teatro dell'Angelo nel quartiere Prati: dopo due anni di inattività l'emergenza ha sancito speranza zero di riprendersi, al suo posto sorgerà un supermercato, i lavori sono già in corso e a nulla è servita la petizione on line e la raccolta firme organizzata dal Municipio per tenerlo in vita. Il Teatro (nato come sala da ballo) fu inaugurato a metà degli anni '90 dal grandissimo Vittorio Gassman e poi trasformato in teatro dalla famiglia Moratti. Sta purtroppo seguendo lo stesso destino l'Azzurro Scipioni, cinema che da quarant'anni è gestito da Silvano Agosti, uno dei pochissimi cinema d'essai rimasti nella Capitale, curato nei minimi dettagli, dove si proiettano i grandi capolavori del passato e i film che secondo Agosti, «vanno visti». Giura che la sua è stata una provocazione per accendere un faro sulla situazione della cultura a Roma. «Ho pubblicato un annuncio di vendita delle poltroncine del cinema e subito sono stato contattato da amici, giornalisti, persone che mi chiedevano cosa stesse succedendo – racconta il regista – sono stanco di pagare l'affitto, credo che cinema del genere dovrebbero ricevere la giusta attenzione del Comune. Ho contattato l'assessore alla cultura Bergamo, che mi ha chiesto di chiamarlo per prendere un appuntamento. Lo farò, vedremo cosa succede». La paura è che finisca male, come per altri casi simili.

Le stime di Confcommercio sono a dir poco preoccupanti. Oltre il 91% dei cinema della provincia e oltre il 95% dei teatri sono in difficoltà. Oltre il 70% dei cinema potrebbe non riaprire a causa dei pesanti costi dei protocolli di sicurezza che di sicuro dovranno adottare una volta passata l'emergenza. Già oltre l'80% dei teatri ha avuto difficoltà a riaprire ad ottobre quando era possibile, figuriamoci dopo altri mesi di attuale lockdown per loro. È stimabile che almeno la metà dei consumatori ci andrà di meno una volta riaperti o non ci andrà affatto e in questo caso la perdita per l'indotto sarebbe di oltre il 60%. Al di là degli aiuti del Governo, la Regione Lazio ha iniettato nuova liquidità nel sistema della cultura per 8 milioni di euro: 1,3 milioni ai teatri, 4 ad associazioni culturali e di promozione sociale e 2 milioni per associazioni e società sportive, 1,7 per i cinema. Sembra, tuttavia, una goccia in un mare di disperazione. Anche perché l'incertezza dei tempi di riapertura rende tutto molto più difficile mentre quello che vorrebbero gli imprenditori sarebbe di poter tornare a lavorare e riempire le loro sale, seppure con tutte le norme sul distanziamento e sicurezza. 
 

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