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Virginia Raggi si ricandida, si salvi chi può

Marco Gorra
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La maledizione del 2020 non accenna a placarsi. In aggiunta alle sciagure già capitate, arriva infatti la notizia della ricandidatura a sindaco di Roma di Virginia Raggi. Svanisce così quella flebile speranza alimentata qualche tempo fa da Beppe Grillo in persona con l’ormai celebre intemerata circa i «romani gente de fogna» che «nun te meritano, Virgì». Niente da fare: a questa fogna la signora si è talmente affezionata che ora vuole farsi un altro giro sulla plancia di comando.

Che la sola idea di un Raggi-bis sia una iattura è evidente a chi negli ultimi quattro anni abbia trascorso anche solo qualche ora nella Capitale: assessori che cadono come birilli, amministrazione paralizzata, Municipi fuori controllo, opere bloccate, scandali a ripetizione, partecipate nel caos, rifiuti ovunque, verde pubblico diventato giungla e chi più ne ha più ne metta.

Ad avere un briciolo di senso della realtà, si concluderebbe che - dopo tanto exploit - ripresentarsi può non essere la migliore delle idee. Ma è cosa nota che senso della realtà e Movimento cinque stelle non vanno tanto d’accordo. E anzi i rapporti stanno peggiorando: nel dare l’annuncio ai consiglieri di maggioranza, la Raggi ha sottolineato di essersi risolta a sostenere il supremo sacrificio perché «non ci sto a far tornare quelli di prima». Il sospetto di essere nel frattempo diventata lei, quella di prima, non l’ha nemmeno sfiorata.

Detto ciò, resta il mistero sulle motivazioni di una scelta a prima vista incomprensibile: la cittadinanza non è entusiasta - eufemismo - dell’amministrazione a cinque stelle, i sondaggi adombrano scenari di tregenda col Movimento che non arriva nemmeno al ballottaggio, il centrodestra si frega le mani al pensiero di lucrare su una divisione che fatalmente investirà l’elettorato di sinistra. E allora perché farlo?

In attesa di chiarimenti, resta di dare conto di una teoria messa in giro a caldo dai soliti malpensanti, i quali notoriamente fanno peccato ma altrettanto notoriamente tendono ad azzeccarci. L’annuncio della ricandidatura sarebbe in realtà uno strumento per mettere pressione sui vertici del partito onde convincerli a portarla al governo mediante nomina a sottosegretario: Virginia promossa, totem del doppio mandato intatto, partito con una grana in meno, possibilità di allearsi col Pd per il Campidoglio intatta, tutti contenti. Un senso ce l’ha, e per questa storia già non è poco.

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