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Nel centro di Roma i ristoranti non fanno una lira

Damiana Verucci
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Non va affatto bene per la ristorazione romana. Lo avevano previsto gli addetti al settore e infatti in tanti avevano deciso di non riaprire alla fine del lockdown. Secondo un primo bilancio della Fipe Confcommercio Roma ci avevano visto lungo. I ricavi sono infatti negativi per oltre l’80% di chi ha rialzato la saracinesca dopo il covid mentre il 20% resta chiuso. Si tratta in questo ultimo caso soprattutto di esercizi in centro molto penalizzati dalla mancanza di turisti. Sono bastati 14 giorni per capire l’aria che tira; forse la ristorazione, insieme al commercio di abbigliamento, è il settore tra i più in crisi in questo momento. E ancora solo poco più della metà ha deciso di tornare ad accogliere clienti tra mascherine, disinfettanti vari, ingressi in entrata e in uscita diversificati.

 

Il 20,6% dei locali sparsi sul territorio capitolino, infatti, non ha aperto il 18 maggio quando avrebbe potuto ma qualche giorno dopo mentre il 6,4% lo farà in questa settimana e il 19,1% non lo farà affatto perché non si trova nelle condizioni di poter riaprire. Tra le motivazioni c’è di sicuro quella di lavorare con il distanziamento interpersonale e con le altre misure anti covid che crea non poche difficoltà. Dunque, a conti fatti, il bilancio di questa prima fase è negativo per quasi il 90% degli operatori del settore intervistati da Confcommercio, con una quota di ricavi che non arriva neppure a un quinto di quanto realizzato nello stesso periodo di un anno fa. Male, appunto, le attività nel centro storico per la totale assenza di flussi turistici, ma anche per la scarsa mobilità dei residenti sia per motivi di lavoro che di shopping, meglio gli esercizi nelle altre zone della città in particolare quelli che possono contare su una clientela di affezione.

I clienti si stanno comportando bene secondo gli addetti ai lavori. Sono attenti all’igiene delle mani, mantengono la mascherina quando si spostano nel locale e rispettano il distanziamento. In futuro andrà meglio? Forse sì, ma la categoria resta scettica. Per l’88,6% di loro non c’è speranza che si possa invertire il trend negativo. «Senza misure di sostegno incisive – sostiene Giancarlo Deidda, commissario di Fipe Roma – tante imprese rischiano di non farcela. Con ricavi che non bastano neppure a coprire i costi di approvvigionamento delle materie prime e quelli di locazione nessuna azienda è in grado di reggere per più di due mesi. Finché turisti e romani non torneranno a riempire i locali la ristorazione andrà aiutata anche per evitare pericolose svendite di attività che porteranno le imprese in mani poco pulite».

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