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Coronavirus all'Umberto I, il primario: ma quale festino, ecco la verità

Grazia Maria Coletti
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"Non sono positivo al Coronavirus, e non c'è stato nessun festino all'Umberto I: i medici si infettano con il Covid-19 solo perché lavorano". A dirlo è il professore Paolo Marchetti, primario di Oncologia Medica B del policlinico Umberto I di Roma, che racconta cosa è successo il 3 marzo scorso, "quando una dottoressa ha voluto salutare i colleghi al termine del ciclo di studi durato 5 anni, essendo stata assunta in altra struttura, alla vigilia del DPCM con i primi divieti per contenere la diffusione del Coronavirus, arrivati solo il giorno dopo, il 4 marzo". "Intanto non era un festino - racconta - ma un rapido saluto di un gruppetto di 11 persone. Di questa riunione non ero informato e non ho partecipato. Ma non vi erano divieti. Lo sottolineo perché - dice il professore Marchetti – ho ricevuto centinaia di telefonate di pazienti preoccupati, sia per la salute dei medici che li curano che per la propria possibile esposizione a un contagio, avendo io visitato molti pazienti in questo periodo. Ed è importante far sapere che i medici infettati non lo sono per  motivi futili ma solo perché lavorano: sarebbe un danno oltre che di immagine anche per il rapporto fiduciale con il paziente". Le spiegazioni. Sulle limitazioni per il contenimento della diffusione da Coronavirus imposte dal Dpcm il 4 marzo, il professore Marchetti ricorda che il giorno prima, "il 3 marzo, non vi era ancora alcuna limitazione alle riunioni del personale sanitario. Infatti -continua -, solo il giorno successivo, il 4 marzo 2020 è stato pubblicato il DPCM, che, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sull'intero territorio nazionale imponeva, tra l'altro, alcune misure restrittive". A conferma dell'assenza di restrizioni - continua a raccontare -, "il giorno 3 marzo si è tenuto il Consiglio di Dipartimento oltre all'esame finale della Scuola di specializzazione di Oncologia. Si è tenuto anche il Consiglio di dipartimento di Scienze radiologiche e oncologiche, a cui hanno partecipato 29 medici e docenti tra cui 2 medici e un amministrativo che poi sono risultati positivi al test del Covid-19. E poi c'è stata una riunione collegiale tra oncologi e radioterapisti presieduta al Dipartimento di Scienze oncologiche a cui hanno partecipato 13 medici di cui uno è risultato positivo. Questo tutto il giorno 3 marzo, in cui non c'era ancora alcun divieto". "Altro motivo per cui non c'è alcuna correlazione, è che noi di Oncologia medica B abbiamo 31 tra medici e specializzandi e degli 11 presenti 4 sono risultati positivi tra il 7 e il 9 marzo e di questi, uno, avendo partecipato prima al Consiglio di Dipartimento, è arrivato quando la riunione degli specializzandi era al termine. E tra le 20 persone afferenti alla UOC di Oncologia medica B, che non hanno partecipato alla riunione di commiato della specializzanda, 5 sono risultati positivi al test per il Covid-19, tra l'8 e il 9 marzo".  "Appare evidente – conclude il primario di Oncologia B del policlinico Umberto I - come le percentuali dell'epidemia all'interno della Oncologia Medica B siano non significativamente diverse (chi-square test; p non significativo) e, quindi, perfettamente sovrapponibili tra coloro che hanno partecipato alla contestata riunione di commiato e coloro che non vi hanno partecipato, rendendo non plausibile il supposto e non provato nesso di causalità tra la riunione stessa e la diffusione dell'infezione, anche alla luce della concomitanza (e non sequenzialità) delle date di positività ai test".  

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