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Il carabiniere superteste: "Fermai i miei colleghi mentre picchiavano Stefano"

Tedesco parla davanti alla Corte d'Assise di Roma. Intanto il Comandante Nistri comunica l'intenzione di costituirsi parte civile

Valeria Di Corrado
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"All'inizio ho avuto paura. Mi sono trovato in una morsa da cui non potevo uscire. Ho capito che nessuno mi avrebbe creduto e che sarei stato da solo contro il mondo. Poi quando nel 2017 ho letto nel capo d'imputazione che la caduta di Cucchi a cui avevo assistito ne aveva determinato la morte, mi sono deciso a parlare". Si è finalmente liberato di un peso Francesco Tedesco, il supertestimone che ha rivelato a nove anni di distanza che Stefano Cucchi venne pestato dai suoi colleghi Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo, imputati come lui di omicidio preterintenzionale. Il carabiniere, nella sua deposizione in aula davanti alla Corte d'Assise di Roma, ha ricostruito la dinamica dell'aggressione subita dal 31enne nella caserma della compagnia Casilina la notte del suo arresto, il 15 ottobre del 2009, dopo essersi rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento. "Ne nacque un battibecco con Di Bernardo che si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi D'Alessandro gli diede un forte calcio con la punta del piede all'altezza dell'ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: "Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete". Ma Di Bernardo proseguì spingendo con violenza Cucchi, che cadde a terra sul bacino. Sentii il rumore della testa sbattere sul pavimento. Mentre Cucchi era a terra D'Alessandro gli diede un calcio in faccia, stava per dargliene un altro ma io lo spinsi via e gli intimai di allontanarsi. Aiutai Stefano a rialzarsi, chiedendogli come stesse. Lui mi rispose: "Sono un pugile sto bene", ma si vedeva che era stordito". Tedesco, incalzato dalle domande del pm Giovanni Musarò, ha ricostruito anche le fasi del depistaggio che seguirono nei giorni successivi la morte di Cucchi. Ha spiegato di aver redatto anche un'annotazione di servizio che poi è misteriosamente sparita. "Raccontai subito al maresciallo Roberto Mandolini (imputato nel processo per falso e calunnia, ndr) quello che era accaduto durante il fotosegnalamento, ma quando il 29 ottobre e il 7 novembre 2009 venni convocato in Procura, lui mi disse che dovevo riferire al pm che Cucchi stava bene. Mi disse testualmente: "Devi seguire la linea dell'Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere". Ebbi paura di perdere il posto. Capii che di fronte a me avevo un muro". Intanto il Comandante Generale dei Carabinieri Nistri ha inviato una lettera alla famiglia Cucchi comunicando l'intenzione dell'Arma di costituirsi parte civile nel processo contro i militari. 

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