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Arrestato Marcello De Vito. Il grillino è indagato per corruzione

Il presidente dell'Assemblea capitolina avrebbe percepito tangenti dal costruttore Luca Parnasi. Sotto inchiesta anche i fratelli Toti e l'immobiliarista Statuto

Valeria Di Corrado
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Tempesta in casa Cinque Stelle. Il presidente dell'Assemblea capitolina, Marcello De Vito, è stato arrestato con l'accusa di corruzione nell'ambito dell'inchiesta sul nuovo stadio della Roma. I carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dai sostituti Barbara Zuin e Luigia Spinelli, lo stanno portando in carcere dopo aver perquisito dalle prime luci dell'alba l'appartamento del consigliere comunale grillino. De Vito sarebbe stato corrotto - si legge nel capo d'imputazione - "per intervenire nell'iter amministrativo relativo alla progetto Stadio della Roma, per favorire l'approvazione di una delibera in Consiglio comunale per la realizzazione nella zona della ex Fiera di Roma di un campo da basket e di un polo per la musica, superando le limitazioni poste alla delibera Berdini che aveva limitato la realizzazione delle cubature in quella zona a 44mila metri cubi. In genere per l'asservimento della funzione esercitata agli interessi del Parnasi e del gruppo imprenditoriale a lui riconducibile", attraverso "molteplici utilità e tra queste l'affidamento e la promessa di lucrosi incarichi in favore dello studio legale Mezzacapo (avvocato vicino a De Vito, ndr)". Svariati gli incarichi che Mezzacapo avrebbe ricevuto da Luca Parnasi: curare una transazione tra Acea e Ecogena, per il quale il costruttore ha corrisposto 95 mila euro. Parnasi avrebbe offerto a Mezzacapo anche di seguire un altro accordo transattivo tra Parsitalia e il comune di Roma del valore di 10 milioni di euro, oltre alla promessa di curare il contenzioso tra Parsitalia e la banca delle Marche. Inoltre Parnasi avrebbe chiesto sempre al legale di curare il progetto per lo spostamento presso il Business park del nuovo stadio della Roma della sede di Acea (società all'epoca presieduta da Luca Lanzalone, ora a processo per essere stato corrotto da Parnasi). Infine De Vito e Mezzacapo avrebbero ricevuto la promessa di incarichi relativi alla realizzazione presso la ex Fiera di Roma di un polo di intrattenimento. I due sono indagati anche per traffico di influenze illecite insieme all'immobiliarista Giuseppe Statuto perché avrebbero sfruttato le relazioni che avevano con soggetti chiamati a intervenire "nell'iter amministrativo per il rilascio del permesso di costruire un edificio in viale Trastevere nell'area dell'ex stazione di interesse della Ippolito Nievo srl, società del gruppo Statuto". In cambio si facevano promettere dall'architetto Fortunato Pititto (del gruppo Statuto) 20 mila euro e l'ulteriore somma di 100 mila euro in caso di conseguimento del risultato. Soldi da corrispondere attraverso il conferimento di un incarico professionale allo studio legale di Mezzacapo. Tra gli indagati - sempre per traffico di influenze illecite - figurano anche Claudio Toti, attuale presidente della squadra di basket Virtus Roma e il fratello Pierluigi Toti. Secondo la procura De Vito sfruttando le relazioni che aveva in Campidoglio si era fatto promettere dai due imprenditori 110mila euro in cambio del suo interessamento con il pubblico ufficiale incaricato di approvare il progetto di riqualificazione degli ex mercati generali di Ostiense. De Vito e l'avvocato Mezzacapo hanno percepito dalla società Silvano Toti Holding spa 48mila euro. Questa ennesima tegola giudiziaria che si abbatte sulla maggioranza pentastellata in Campidoglio potrebbe mettere in bilico Virginia Raggi. Dall'inizio del suo mandato, infatti, la sindaca si è già trovata di fronte all'arresto del suo braccio destro Raffaele Marra, ex responsabile del Personale, condannato lo scorso dicembre a 3 anni e 6 mesi per essersi lasciato corrompere da un altro costruttore, il defunto Sergio Scarpellini. A giugno 2018, invece, a finire ai domiciliari è stato l'ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, chiamato dalla Raggi - su segnalazione dei vertici del Movimento - per risolvere i problemi connessi alla realizzazione dello stadio giallo rosso: da qui l'appellativo di "mister Wolf" attribuitogli da Parnasi. Ora Lanzalone è a processo per corruzione, insieme al socio del suo studio legale Luciano Costantini e a Fabio Serini, commissario straordinario dell'Ipa (l'ente previdenziale dei dipendenti comunali). Contemporaneamente altre 15 persone il 2 aprile rischiano di essere rinviate a giudizio per il sistema illecito che ruotava attorno alla realizzazione dell'impianto di Tor di Valle, tra cui Luca Parnasi, l'ex vicepresidente del Consiglio della Regione Lazio Adriano Palozzi (Forza Italia), il consigliere regionale Michele Civita (Pd), il consigliere comunale Davide Bordoni (Forza Italia) e l'assessore allo Sport del X Municipio Giampaolo Gola (M5S). Come se non bastasse, Virginia Raggi, Marcello De Vito e altri due consiglieri grillini di Città Metropolitana di Roma, Carlo Colizza e Giuliano Pacetti, si ritrovano insieme a Nicola Zingaretti e ad altre 100 persone incolpate dalla Procura della Corte dei conti del Lazio per avere contribuito a provocare un danno erariale da 263 milioni di euro per l'operazione immobiliare che ha portato all'acquisto di uno dei due grattacieli costruiti in zona Eur-Castellaccio sempre dallo stesso imprenditore: Luca Parnasi.

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