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Raggi e okkupazioni, ecco la verità

Il dietrofront sullo sgombero dell'Angelo Mai non è "a sua insaputa". È lo scambio con la liberazione del Valle e il "pedaggio" per il Cinema America

Matteo Vincenzoni
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L'uso del maiuscolo, per il MAI, nella nota degli attivisti dell'Angelo Mai, più che una sottolineatura del nome del centro sociale e laboratorio teatrale occupato abusivamente a Caracalla, è una minaccia. E ricorda tanto la lotta intrapresa prima con il sindaco Marino, poi con gli sfidanti Virginia Raggi e Roberto Giachetti dagli occupanti (altrettanto abusivi) del Valle, finita con una richiesta sottobanco di poter continuare l'«esperienza artistica maturata» come conditio sine qua non nel 2014 per liberare lo storico teatro; nel 2016 per non occuparlo nuovamente. Difendere la cultura è un intento nobile, sempre, sia chiaro. Farlo nei limiti della legalità è invece un concetto indigesto a chi okkupa, con la k, per professione. Il filo rosso che unisce l'Angelo Mai e l'ex teatro Valle occupato, l'altro ieri è stato tirato «a sua insaputa» dall'Amministrazione Raggi apponendo i sigilli al centro sociale per recuperare un bene immobile di proprietà comunale nelle mani dei Movimenti fin dal 2002, già interessato da un provvedimento di rilascio firmato dal dipartimento al Patrimonio del Campidoglio nel 2016 chiaramente inascoltato dagli occupanti. Quel «a sua insaputa» si riferisce al fatto che i Cinquestelle, pur avendo fatto dell'inchiesta Affittopoli una loro bandiera in campagna elettorale, dopo aver vinto hanno lasciato correre, anzi procedere come una rompighiaccio, la delibera del Commissario straordinario Tronca - che ha previsto lo sgombero di decine di spazi occupati abusivamente - facendo finta che non ci fosse nessuna delibera e cadendo dal pero ogni volta che questa ha colpito realtà vive, vegete e «intoccabili». Così la Raggi ha dato la colpa a Tronca lo scorso anno quando i vigili urbani apposero i sigilli alla storica sede dell'Msi di Colle Oppio. Salvo poi fregarsene e mandare avanti la pratica con buona pace dei Fratelli d'Italia. Stavolta, invece (Angelo Mai e Colle Oppio fanno parte dello stesso calderone di Affittopoli) la Raggi è corsa subito ai ripari e il vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo ha tempestivamente congelato la rompighiaccio per approfondire il caso con il dipartimento e rinviare lo sgombero. Nelle poche ore che hanno trasformato uno sgombero in una pantomima, è andata in scena la Commedia dell'Arte. Chi è sceso in campo in difesa dell'Angelo Mai? Gli stessi ragazzi del laboratorio teatrale, è ovvio, la compagnia teatrale Motus, che nel periodo dell'okkupazione del Valle ha realizzato spettacoli e ha la sua base nel laboratorio del centro sociale, e il Teatro Stabile di Roma. Ora, il Teatro Stabile, ovvero l'ente comunale che gestisce i maggiori teatri della città, già con l'amministrazione Marino aveva interpretato il ruolo di mediatore tra il Valle occupato e il Campidoglio, sostenendo la richiesta degli okkupanti di poter continuare a svolgere l'attività teatrale e concedendo loro «aumm aumm» la possibilità di farlo in collaborazione. Un'elargizione pubblica a privati che avevano distrutto un teatro statale. Lo Stabile ha continuato a sostenere l'inciucio nel 2016 in piena campagna elettorale. Con l'elezione della Raggi e lo spauracchio di una nuova okkupazione del Valle la sceneggiata è continuata. Chiaro a quel punto che il laboratorio dell'Angelo Mai, legato ora a doppio filo non più con il Valle ma con lo Stabile di Roma, sarebbe diventato intoccabile. Non solo. La Raggi, a sua volta, diventata sindaco, ha completato l'iter burocratico del passaggio del Valle (statale) al Teatro Stabile di Roma (comunale), promettendo ai cittadini, ma anche agli ex okkupanti, che sarebbe stato presto ristrutturato. Ad oggi è stato fatto poco. Il Valle ha riaperto, ma solo per ospitare mostre. Il palcoscenico, devastato, deve esser ricostruito interamente. E per ora i fondi non ci sono. Ecco allora che lo sgombero dell'Angelo Mai «non s'ha da fare». I movimenti della cultura capitolina del resto hanno già subito dalla Giunta pentastellata lo sfratto del Cinema America occupato. Uno «sgarro» dettato dal buonsenso amministrativo che segue la volontà di voler sì lasciare spazi, ma solo attraverso bandi pubblici. Un altro concetto che agli okkupanti è sempre sfuggito. A questo punto, e visto che di teatro si sta parlando, stiamo a guardare. Chissà che la Raggi porti avanti i suoi buoni propositi, senza condizionamenti e ricatti, anche nel caso dell'Angelo Mai. Aspettiamo il colpo di scena. Mai dire MAI.

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