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Atac, il cda sceglie il concordato preventivo

Susanna Novelli
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Si è ufficialmente aperta con la nota ufficiale del Consiglio di amministrazione, la nuova difficilissima partita che deciderà il futuro dell'Atac. I vertici hanno infatti ufficialmente chiesto all'azionista, cioè il Comune di Roma, l'avvio della procedura di concordato preventivo in continuità definendola come "la migliore soluzione alla crisi della società" , affidando l'incarico di supporto alla procedura alll'advisor finanziario "Ernst Young". Un passo questo che ha fatto saltare per ben due volte i vertici Atac e almeno un assessore, quello al Bilancio Andrea Mazzillo, perché non favorevoli a una soluzione così drastica. I conti dell'azienda, che è arrivata a cumulare perdite per 1,8 miliardi di euro, non sarebbero infatti più in grado di garantire neanche l'ordinaria gestione dell'azienda di trasporto pubblico più grande d'Europa. Ma la procedura del concordato, ultima spiaggia per evitare il crac totale, non convince tutti. A partire dai sindacati che hanno già proclamato lo sciopero per il 12 settembre, per finire alle rappresentanze politiche non solo di opposizione. Il sindaco Raggi che paradossalmente, invece di convocare parti sociali e politiche e di rendere conto alla cittadinanza di una decisione così drastica per un servizio essenziale, affida il suo pensiero prima a un tweet: "Atac deve rimanere pubblica, deve rimanere di tutti noi". Poi a un post su Facebook Le affermazioni della sindaca non convincono però né i sindacati né le opposizioni che con Stefano Fassina (Si) e Davide Bordoni (Fi) vanno all'attacco. Tutto questo  avviene infatti a pochi giorni dalla convocazione del Consiglio straordinario indetto dall'Assemblea capitolina proprio per discutere delle sorti dell'azienda  e fissato per giovedì prossimo.  Una mossa insomma quella della Raggi che tronca ogni confronto e soluzione condivisa. Mal di pancia anche dalla base grillina, che vede iprioprio in  Atac uno dei suoi bacini elettorali più importanti. In molti, forse già troppi, si chiedono che fine abbia fatto quella democrazia partecipata tanto sbandierata dal Movimento 5 Stelle. 

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