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Furti, barboni e auto in sosta E la chiesa mette i cancelli

Valentina Conti
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Da alcuni giorni la piccola chiesa di Santa Maria in Trivio, di antichissime origini, eretta da Belisario, generale di Giustiniano, nel secolo VI, è «ingabbiata». Sono spuntate le cancellate ad abbracciare l'ingresso, serrate quando la chiesa capitolina non è aperta al pubblico. Il motivo: la tutela del bene architettonico. Tradotto: dopo i ripetuti atti di vandalismo a danno della chiesetta storica di piazza dei Crociferi, che sorge in un angolo della movimentata piazza di Trevi, davanti al maestoso palazzo Poli, e le denunce del Rettore, don Giovanni Franciglia, il Ministero dell'Interno, che ne detiene nei fatti la proprietà, ha finalmente deciso, di concerto con la Soprintendenza, di realizzare le inferriate. Di tempo ce n'è voluto. Il 22 ottobre dello scorso anno un incendio, di natura presumibilmente dolosa, distrusse il portale di marmo del ‘600 all'esterno della struttura. Le fiamme divamparono alte e rovinarono i gradini di marmo e altre balaustre, e pure il portone del '500 inaugurato tre giorni prima dell'increscioso accadimento. Il Rettore sporse denuncia. Seguirono altri atti dolosi e di inciviltà che portarono al danneggiamento di ulteriori parti importanti della chiesa. «C'era la festa del Santo - ricorda don Giovanni - e ad andare a fuoco fu il tendone davanti all'ingresso. Il fuoco divampò feroce. Feci una denuncia contro ignoti alla Polizia e chiesi una mano per preservare questo patrimonio storico da decenni di atti di barbarie. Atti che proseguirono numerosi nei mesi successivi all'incendio». «Dai gradini di marmo spaccati per le auto o i camioncini che ci salivano su, fino alle scritte sui muri, la facciata rovinata in più punti, i rifiuti lasciati in ogni dove e il degrado», racconta ancora don Giovanni. «Sulla scalinata ci venivano a vomitare, a mangiare, davvero a fare di ogni. Ci lasciavano i sacchi di immondizia su cui poi gozzovigliavano i gabbiani. E noi sempre a combattere, con la varichina che non bastava per pulire tutto e la piazza sempre sporca che si sommava all'incuria. All'epoca, scrissi anche al sindaco Marino, ma il Comune non fece nulla. E ora sono arrivate le cancellate. Alcuni pensano che le abbiamo messe per i clochard che la notte dormivano sugli scalini. Ma non è per questo: tra l'altro, ce ne veniva a dormire solo uno da noi e nemmeno sempre. Il motivo, come spiegato, è un altro». Degrado su degrado non più tollerato dopo anni di oltraggi gratuiti, soprattutto se parliamo della storia delle chiese romane che accompagnano quella dell'Urbe da ben diciassette secoli. «Quello che manca è la tutela dell'arte, soprattutto in una città come Roma, capitale d'Italia», evidenzia ancora don Giovanni, che solleva una questione di prim'ordine: «Dovunque lei vede inferriate davanti ai portoni di una chiesa vuol dire che ha subìto atti vandalici, ne può star certa. Il punto è che i tempi per ottemperare a richieste di tutela, inoltrate al FEC (Fondo Edifici di Culto) - quando parliamo di proprietà statali - si scontrano spesso con le lungaggini della burocrazia e con l'esiguità di fondi a disposizione». Lo stesso discorso tirato fuori da Rettori e parroci di altre strutture ecclesiastiche capitoline. «Un problema di cui soffrono moltissime chiese in centro storico, ancora non preservate dal decadimento che continua ad imperare», conferma il Rettore di Santa Maria in Trivio.

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