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Preso il rapinatore che sparò al cameriere che lo rincorreva

Sparò al cameriere, preso rapinatore

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Fu una brutta rapina con sparatoria, un cameriere ferito con una pallottola piantatasi nella coscia e un automobilista preso in ostaggio e costretto a portare uno dei tre balordi da Centocelle a Pietralata. Ora i malviventi dal grilletto facile sono in gabbia, accusati di tentato omicidio e rapina. Ieri i carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci hanno dato l'annuncio: chi ha sparato è stato arrestato, incastrato dalle telecamere e dalle impronte digitali. Stava per fuggire in Germania ma i militari sono arrivati prima della partenza. Lui si chiama Alessandro Bussaglia, 37 anni. Abita in zona San Basilio. La stessa dei suoi complici, i fratelli Vincenzo e Roberto Massullo, 40 e 38 anni. Loro sono stati fermati a fine marzo. La polizia del Commissariato San Basilio li ha presi assieme a un terzo malvivente, accusandoli di aver messo a segno cinque rapine e di aver sparato per due volte. I comandanti del Reparto operativo e del Nucleo, Salvatore Cagnazzo e Lorenzo Sabatino, hanno spiegato come sono arrivati a incastrare i rapinatori della gioielleria "Daniela". I banditi erano entrati in azione circa alle 18,50 del 2 marzo. La titolare Daniela Sabelli stava parlando al telefono col marito Cristiano. "C'è un ragazzo alla porta che non mi piace - gli aveva detto - ha una brutta faccia". "Non gli aprire", aveva risposto lui. Lei però aveva cercato di non farsi prendere dai cattivi pensieri, quasi un chiodo fisso dopo cinque colpi subiti in diciotto anni di attività. Alla fine lo aveva fatto entrare: era a volto scoperto e le due telecamere all'esterno erano guaste. Assieme agli altri due complici, il rapinatore era arrivato il viale della Primavera con una vecchia Lancia Y bianca, parcheggiata proprio davanti al locale. Una volta dentro, aveva estratto la pistola costringendo la signora Daniela e la commessa a rinchiudersi nel retrobottega. Poco dopo aveva fatto irruzione il secondo rapinatore, anche lui a volto scoperto. Mentre arraffavano erano stati distrubarti dalla gente che bussava alla vetrina e li invitava a smettere. Inoltre, sul bancone era rimasto il telefono aperto: dall'altra parte il marito della titolare aveva sentito tutto. Era sceso in strada e con la sua auto aveva speronato la Y dei rapinatori costringendoli a scappare a piedi. Si erano messi a rincorrerli il dipendente di una vicina galleria d'arte e il cameriere della pizzeria "Incontrada", poche serrande più in là, che era uscito per comprare le sigarette. Gianni Simola, 33 anni, inseguiva il rapinatore più pesante, rimasto indietro agli altri corsi più avanti. Lo aveva placcato, gettato in terra addosso ai bidoni. Uno dei rapinatori, Alessandro Bussaglia, accortosi del gregario in pericolo, era tornato indietro e con la sua calibro 7,65 aveva sparato cinque colpi, quattro andati a vuoto e uno contro il cameriere. Aveva bloccato un automobilista costringendolo a farlo salire e a portarlo in zona Pietralata. Nell'abitacolo della Lancia Y gli investigatori hanno trovato le impronte digitali. Dalle immagini registrate dalle telecamere montate all'esterno dei locali di viale Primavera non sono riusciti a identificare i tre ma hanno recuperato altri indizi. Il primo: la tuta bianca della Roma calcio con la quale era vestito lo sparatore. Il secondo: l'altra auto usata dai rapinatori per il sopralluogo nei giorni prima, una Bmw scura intestata a uno dei fratelli Massullo. Gianni Simola insiste: "Non chiamatemi eroe, rifarei tutto anche se ne pago ancora le conseguenze". Torna a casa dalla palestra alle 19,30. Dopo la sparatoria, deve correre e fare piscina. La gamba sinistra ogni tanto cede, e la riabilitazione è lunga, ancora un anno, almeno. Ma Gianni, il 33enne che la sera del 2 marzo è stato raggiunto da un colpo di pistola dopo aver braccato uno dei rapinatori, non ha perso il sorriso, e l'ottimismo. "Di quella sera ricordo tutto ma non ci voglio pensare, la vita va avanti", cerca di convincersi tenendo lo sguardo alto, mentre mamma Antonietta, a fianco, confida che "alle volte invece ricorda che quelli avrebbero potuto sparagli in testa e ucciderlo". In casa ieri il telefono squillava in continuazione: "Tutti i miei familiari, anche la mia fidanzata, sono molto preoccupati – racconta – non hanno più voluto che tornassi a lavorare al ristorante davanti alla gioielleria perché temono che qualcuno possa farmi del male, io li ho accontentati e faccio il cameriere in altri posti, ma non ho paura". Crocifisso al collo, "sono molto credente", portachiavi dei carabinieri, "mi dicono sempre che ho sbagliato lavoro", Gianni non si vuole fare chiamare eroe: "Sono fiero di quello che ho fatto, ma non esageriamo, lo rifarei. A quelli che hanno arrestato dico che mi dispiace per loro, non so se stanno soffrendo, o se sono padri di famiglia, ma qualcuno doveva pur fermarli". (Ha collaborato Erica Dellapasqua)  

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