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"La rottura dell'impianto c'era da giorni"

L'ospedale San Filippo Neri

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Sarebbe stato un problema tecnico alla valvola del troppo pieno a causare lo scorso 27 marzo il guasto nella crioconservazione del centro di Procreazione medicalmente assistita del San Filippo Neri e la conseguente perdita di 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale. A prospettare tale ipotesi è la relazione tecnica inviata all'ospedale dalla Air Liquide, ditta che si occupa dell'impianto. Nel documento si fa riferimento a un «cattivo funzionamento di una valvola del serbatoio contenente l'azoto». L'ipotesi tuttavia non esclude l'errore umano. «In conclusione - dice il dg Domenico Alessio - si ritiene che l'evento sia stato determinato dall'apertura impropria della valvola del troppo pieno del serbatoio» con la conseguente perdita di azoto. In quell'area ha accesso «solo il personale della ditta». La relazione e le conclusioni dell'azienda non convincono il San Filippo Neri. Secondo Alessio la relazione «non scarica responsabilità, né se ne assume: è una cronistoria, una sequenza delle verifiche fatte. Emerge un problema di carattere tecnico, con l'aggravante della comunicazione remota. Ci sono incongruenze che non trovano riscontro in fatti e circostanze. La ditta cerca di giustificare talune situazioni. Tutti i passaggi dovrebbero seguire una logica, ma a volte la logica si perde. Stiamo facendo una controrelazione che daremo a Procura e Regione». Alessio ribadisce poi «affettuosa solidarietà» alle coppie colpite «che continuano ad apprezzare la professionalità del centro e per le quali l'ospedale resta a totale disposizione». A confermare il guasto alla valvola c'è la relazione inviata al ministro Balduzzi dagli ispettori del Centro nazionale trapianti, che hanno acquisito tutta la documentazione. «Il centro - si legge nel rapporto - ha un'organizzazione non ottimale, l'organigramma non è chiaro, non c'è sistema di qualità, c'è un grosso deficit sui controlli di funzionamento del sistema. I controlli sulle apparecchiature (catena del freddo a parte, controllata da AirLiquide) sono demandati al Servizio tecnico». L'ispezione, durata 7 ore e 30, ha rilevato un buon funzionamento del sistema biologico, ma sul centro «ha inciso la debolezza strutturale, organizzativa e logistica». Due i guasti rilevati: la valvola tra il serbatoio interno e quello esterno era aperta con ghiaccio intorno; «la temperatura del locale era elevata a causa di un guasto all'impianto di condizionamento», in atto da «diversi giorni». Così «l'apertura della valvola ha favorito la fuoriuscita di azoto, mentre la temperatura più elevata ha provocato una maggiore dispersione del freddo e un maggiore consumo di azoto». I tecnici della Air Liquide alle 00.20 del 26 marzo - dopo una segnalazione di anomalia dell'ospedale arrivata il 24 marzo - avevano verificato attraverso l'allarme remoto che il livello era sceso a 280 litri (il 25 era a 590), ma avevano valutato di poter intervenire sull'mpianto che «ha autonomia di 48 ore» il 27 marzo, quando era già previsto il rifornimento. Ma il mattino seguente il livello di azoto era insufficiente a causa della rottura dell'impianto di condizionamento. I controlli sulla valvola e sul condizionatore «sono entrambi in capo ad Air Liquide». Il sistema di allarme «non presenta anomalie, quindi dovrebbe aver funzionato regolarmente e non essere stato rilevato». Intanto la Regione ha nominato i cinque membri della commissione d'inchiesta. L'indagine amministrativa dovrà essere conclusa entro 90 giorni. Il Codacons oggi presenterà un esposto alla Procura per omicidio colposo e lesioni gravi.

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