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Litiga per l'affidamento

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e getta il figlio nel Tevere Il piccolo di 16 mesi era a casa della nonna materna Il padre, 26 anni:non me lo facevano vedere, l'ho ucciso

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Pocheparole per confessare una tragedia incredibile, l'omicidio del figlio di 16 mesi, buttato nel fiume da Ponte Mazzini, dopo l'ennesima lite per l'affidamento. Una cosa agghiacciante più della neve di questi giorni. Una notizia che ha fatto trasalire i romani. Appresa dalla tv guardando il paesaggio ancora immacolato del primo mattino dalla finestra di casa. O sentita alla radio al supermarket, prima che nei negozi di alimentari si scatenasse il finimondo. È stato un attimo. La tragedia si è consumata alle sei e mezzo circa del mattino, sotto gli occhi dei passanti che invano hanno tentato di fermare l'uomo. Ma quasi tutta la città dormiva ancora, nel sabato imbiancato in cui c'era solo da fare la spesa, tutti gli uffici ieri erano chiusi. Lui si chiama Patrizio Franceschelli, 26 anni. Un passato con precedenti per spaccio. Disoccupato. Un figlio avuto da una coetanea 16 mesi fa. Inizialmente rose e fiori. Poi i due non si prendono più. Iniziano i battibecchi. E alla fine ognuno torna a casa delle rispettive famiglie. Lui a Corviale, al Portuense. Lei dai suoi, insieme al bimbo, torna a vivere nella casa materna in centro, un appartamento in via Orti d'Alibert, poco distante dal carcere di Regina Coeli, dove abita anche la sorella della giovane. Ma ieri la mamma del bambino a casa non c'era. Proprio il giorno prima era stata ricoverata per accertamenti in ospedale. Nessuno ha ancora avuto il coraggio di raccontarle la verità. E per questo potrebbe essere isolata in una stanza singola senza tv. I rapporti tra i due giovani non si erano distesi nemmeno ultimamente. Non erano migliorati nemmeno con le due vite separate. Tornavano a vedersi di tanto in tanto. Questo sì. E ogni volta erano discussioni a causa del bimbetto. Forse lui pretendeva di poterlo gestire di più. E lei non voleva. Come fanno le madri che hanno figli della stessa tenerissima età del piccolo gettato nel fiume. Quando non convivono con il padre del figlio. Ieri mattina il tragico clou di una serie infinita di discussioni e litigi. E che andasse a finire in un modo così tragico forse nessuno lo avrebbe sospettato. L'uomo è arrivato a casa della mamma dell'ex compagna come una furia verso le sei del mattino. Lo si è capito quando si è attaccato al citofono. «Voglio vedere mio figlio» ha gridato per farsi aprire subito il portone. Ha fatto le scale a due a due. E quando gli hanno aperto la porta, al secondo piano di un palazzo a via Orti D'Alibert, una traversa di lungotevere Gianicolense, poco sotto l'ospedale Bambino Gesù, nei pressi di Ponte Mazzini, ha infilato la porta della camera da letto dove dormiva il piccolo. Invano la nonna del bimbo, e la zia, la sorella della mamma, hanno tentato di trattenerlo. Lui era già fuori, col fagottino stretto tra le braccia. Le donne telefonano disperate ai carabinieri. La prima chiamata al 112 è arrivata intorno alle 6.18 ed era della zia che segnalava una lite in casa quando ancora l'uomo era ancora in casa. Quando il giovane padre è uscito di casa sbattendo la porta, ai carabinieri è arrivata una seconda telefonata allarmata. L'uomo nel frattempo aveva già iniziato la sua folle corsa per strada, dopo aver strappato il piccolo dal suo lettino. Inutili i tentativi di fermarlo della donna, di altri familiari in casa, dei vicini accorsi alle urla: «È scappato via, portando con sé il bambino» hanno detto. Il giovane padre si è allontanato con il bimbo fra le braccia, ed è arrivato vicino Ponte Mazzini, dove lo ha visto un agente della penitenziaria, che aveva finito il turno nel carcere di Regina Coeli. Dietro di lui alcune donne, familiari del piccolo, lo inseguivano gridando. L'agente ha tentato di avvicinarsi per bloccarlo, ma il ventiseienne, si è avvicinato al parapetto del ponte, ha sollevato in aria il bambino, che piangeva. I testimoni raccontano particolari terribili. «Prima di uccidere l'uomo è anche caduto, e il bambino è finito a terra sbattendo la testa» ha raccontato più di un romano. Inutili i tentativi di fermarlo. L'epilogo drammatico si è consumato in pochi istanti. L'uomo ha sollevato il bambino su Ponte Mazzini. E l'ha gettato di sotto. Il piccolo è scomparso in un attimo, inghiottito dalle acque gelide. Il 26enne è scappato a piedi, è stato fermato poco dopo a Testaccio, dai carabinieri del nucleo Radiomobile, diretto dal colonnello Mauro Conte. I militari lo hanno chiamato per nome, si è voltato, lo hanno raggiunto e ammanettato. Appariva freddo e lucido, silenzioso. Portato in caserma avrebbe confessato. «Non me lo facevano vedere» si sarebbe giustificato. Lo hanno fermato per omicidio volontario aggravato, dopo averlo trovato mentre camminava da solo a Ponte Testaccio. Il ragazzo ha ammesso che la coppia era in crisi. I sommozzatori hanno cercato il corpo per ore e ore nel bambino nel Tevere, ma «è impossibile che sia sopravvissuto». «Una tragedia - dicono a mezza voce i carabinieri che sono intervenuti - che ci ha sconvolto, una follia lucida che ha come squarciato questa Roma così bella coperta di neve. Ora la speranza che resta è trovare il corpo del piccolo, per dargli una sepoltura, almeno una tomba dove la madre possa piangerlo». E che ancora non sa che il suo piccolo non c'è più.

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