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Centri commerciali Stop solo a metà

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Il piano del Comune: al posto dei negozi si potranno realizzare case e uffici

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Riconvertiread uso diverso le superfici commerciali già assegnate sì, ed è la strada che intende seguire il Comune che ieri pomeriggio ha portato in giunta il nuovo Piano del Commercio. In sostanza, se lo stop alle strutture superiori ai 2.500 mq. non è fattibile, anche perché i permessi a costruire i nuovi centri sono già stati dati dalla precedente giunta, riconvertire la destinazione d'uso, ad esempio nel residenziale, si può fare sempre che gli imprenditori siano d'accordo. Certo, non sarà una strada in discesa, almeno a sentire le principali associazioni di categoria che una volta ascoltate le parole di Alemanno sull'impossibilità oggettiva di vietare nuove aperture della grande distribuzione, se non andando incontro a forzature legali, hanno dichiarato in coro la loro contrarietà al Piano del Commercio così come si sta definendo. In sostanza per Confcommercio, Confesercenti, Legacoop, Federstrade-Cna, lo stop ai nuovi centri è il presupposto per iniziare qualsiasi confronto. Il Piano approda in Giunta dopo dodici anni di deregulation che ha portato di fatto ad avere, oggi, un enorme disequilibrio tra piccola e grande distribuzione. Il Piano non si occupa dei negozi di vicinato (un punto, questo, contestato dal Presidente Onorario di Confcommercio Roma Roberto Polidori al quale però Bordoni ha risposto dicendo che la piccola distribuzione è liberalizzata), ma ha l'obiettivo di riequilibrare l'offerta commerciale della città. Attualmente il comparto della media (dai 250 ai 2.500 mq)e grande distribuzione (oltre i 2.500 mq), da uno studio effettuato da Risorse per Roma, occupa 1.634.177 metri quadrati di superficie di vendita complessiva, esclusi gli altri eventuali 225.000 mq. che si aggiungerebbero con i 16 nuovi centri commerciali già approvati. Su questi si gioca la grande partita dell'amministrazione. Alemanno è stato chiaro, anche perché era stato lui stesso qualche mese fa a dire «mai più nuovi centri commerciali a Roma»: «Con i bandi di cambio di destinazione d'uso molti dei centri commerciali in itinere possono essere bloccati». Per poi aggiungere: «Senza demonizzare la grande distribuzione dovremmo mettere un paletto, andare a valutare le situazioni e sicuramente qualcuno dovrà rinunciare anche se ha avuto l'autorizzazione: alcuni lo faranno spontaneamente, altri dovranno essere messi in discussione». Nel frattempo il Piano quei paletti li pone. Quando dice per esempio che l'apertura di nuovi centri per la media e grande distribuzione non potrà superare una specifica percentuale rispetto alla superficie residenziale dei vari territori. Ad esempio, nel territorio urbano nord orientale il limite per la nuova grande distribuzione è fissato ad un massimo del 20% della superficie non residenziale. Percentuale che sale al 30% nell'ambito sud occidentale della città e al 40% nell'ambito nord occidentale. La diversa percentuale dipende dall'attuale concentrazione di centri commerciali nelle varie zone della città, al momento maggiore nei quartieri est rispetto ai quartieri ovest. «Il Piano è aperto a ricevere le osservazioni delle associazioni di categoria – ha spiegato l'assessore al commercio Davide Bordoni - Tra febbraio e marzo lo discuteremo anche agli Stati generali del commercio». Non è servito a placare gli animi delle associazioni di categoria. Per Valter Giammaria, presidente Confesercenti provinciale «Roma non può sopportare altre grandi strutture, pena il fallimento di altre centinaia di piccole aziende». Polidori ha incalzato: «Serve una moratoria per impedire l'apertura di quei 16 nuovi centri commerciali già approvati».

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