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Negozianti indignati, delusi da Alemanno

Scontri a Roma durante la manifestazione degli

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Non è facile dimenticare. Chi ha temuto per la sua incolumità, chi ha dovuto nascondersi dentro al negozio fino a tarda sera, chi ha subito danni alle vetrine, furti, minacce, ora grida tutta la sua rabbia. Negozi tutti aperti ieri mattina dopo la pausa del lunedì, ma nelle strade teatro degli scontri e della guerriglia urbana che sabato ha devastato Roma, si respira un'aria pesante. Quella che era la speranza dei commercianti che il corteo degli indignados si svolgesse in pace, come è accaduto negli altri paesi, si è trasformata in terrore. «Non dimenticherò mai quelle scene – ricorda Isabella, commerciante di via Cavour - quei ragazzi che incendiavano le auto e distruggevano i negozi non si fermavano di fronte a niente. Io ho gridato, chiesto aiuto, ma la polizia è rimasta per parecchio tempo solo a guardare, così mi sono chiusa dentro al negozio e ho pregato». Alcuni negozi portano ancora il segno di quegli scontri. Proprio su via Cavour si contano i danni maggiori, ma i black bloc hanno preso di mira anche gli esercizi di via Labicana, via Merulana, via Boiardo. «Nessuno mi venga a dire adesso che tutto questo non era prevedibile – quasi urla la sua rabbia Stefano Sessa – le strade intorno a San Giovanni si sono trasformate in un terreno di guerra. Eppure già prima che iniziasse il corteo potevano capirsi bene le intenzioni di questi mascalzoni: ragazzi giovani, vestiti di nero, con i caschi sulla testa che si aggiravano indisturbati per strada come se stessero scegliendo i bersagli da colpire». Ha avuto paura Stefano perché ad un certo punto un oggetto di grosse dimensioni ha sfiorato la vetrina del suo negozio ed è caduto a terra a pochi metri di distanza. «A quel punto ho abbassato le saracinesche e ho chiamato casa per rassicurare mia moglie e i miei figli. Sono uscito da lì solo a tarda sera». Indignato si dichiara Massimo, che ha un negozio vicino piazza San Giovanni e ha confessato di aver votato Alemanno ma di essersi pentito. C'è anche chi ieri mattina l'ha passata a calcolare i danni. Trentamila euro quelli contati da Edoardo, commerciante di via Appia: «Vetrine rotte e il furto di alcuni capi di abbigliamento. Sono scappato via lasciando il negozio incustodito, quando la sera sono tornato ho avuto quest'amara sorpresa. Ora chi mi risarcirà?». Bruna, invece, è riuscita a limitare i danni al suo negozio ma va giù pesante contro il sindaco. «Che fine ha fatto il protocollo sui cortei? Sono mesi che aspettiamo e veniamo solo presi in giro. Adesso Alemanno che fa? Vieta i cortei per un mese? E a cosa serve? Tra un mese stiamo allo stesso punto e continuiamo a parlare, parlare senza trovare soluzioni». Stesso pensiero ce l'ha a Nicola, da 40 anni commerciante su via Merulana: «La verità è che il sindaco ha paura dei sindacati perché vietare i cortei significa metterseli contro. Ma questo non è il modo di amministrare Roma. Lui non c'era sabato qui e non ha visto cosa è accaduto, io sono ancora sotto shock come molti dei miei colleghi e non ho sentito una parola di scuse o di solidarietà nei nostri confronti. Sono davvero deluso». Quasi nessuno se la prende con la polizia anzi, «sono stati bravi a non farci scappare il morto», è la frase ripetuta più spesso. Tutti, però, hanno una convinzione: «Quello che è accaduto poteva e doveva essere evitato». Intanto sul corteo di sabato torna a parlare Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma. Dopo aver accolto positivamente la decisione del sindaco di fermare i cortei per un mese seppur ribadendo che non è sufficiente per risolvere il problema, ora Roscioli chiede un incontro con Alemanno per cercare altre soluzioni in grado di contemperare gli interessi delle imprese con quelli dei manifestanti. Più duro il giudizio di Valter Giammaria, Presidente della Confesercenti provinciale: «Non basta l'impegno preso dal sindaco riguardo i cortei, chiediamo a gran voce quel famoso protocollo di cui non si sa più niente».

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