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di Valentina Conti e Damiana Verucci E pure questa è andata.

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Faccespaesate ieri fuori dai principali istituti velate di tristezza per il rientro. Carte in tavola da subito: molti degli insegnanti («parecchio demotivati», per la verità, a detta degli allievi) si sono soffermati, già all'inizio, sulle difficoltà dell'anno appena inaugurato. «Bisognerà dare il massimo. Ho già da ora l'incubo della terza prova della Maturità, scelta dal Ministero, che mi aspetto super difficile» spiega Massimo, ultimo anno del Liceo Scientifico Aristotele in zona Eur. Anche Alessandro la pensa così: «Tornare di nuovo sui banchi è uno shock». Guglielmo e Ludovico, invece, reclute del Liceo Classico Socrate appena usciti dal primo giorno di quarto ginnasio, dichiarano soddisfatti: «Un'esperienza nuova; una bella impressione», dicono all'unisono. Susanna del Professionale De Amicis di Via Galvani a Testaccio pensa che «quest'anno sia più faticoso del previsto». Anche Sveva del Liceo Classico Socrate concorda. E la mamma che aspetta la figlia Maria fuori dal cancello dello stesso istituto: «Dispiacciono soprattutto i tagli sul corpo docente». Al Newton, le lezioni sono partite con una nuova iniziativa: un'ora di volontariato a settimana contro la crisi. Opinione comune dei genitori che incontriamo è che «sulla cultura non si scherza e sulla competenze si dovrebbe solo investire al meglio». Tranquilli i docenti del De Amicis, che per determinate classi hanno già iniziato sabato scorso. Al Socrate di Garbatella regnano confusione e perplessità. L'anno che si è aperto? «Un punto interrogativo» per Marina del V Liceo. «I professori hanno detto cose diverse e sono disorientata». «Gli insegnanti ci hanno dato già da subito pochi stimoli» aggiunge Serena «anche perché sono loro ad essere demotivati. E poi in classe fa un caldo pazzesco. Nessun condizionatore e nemmeno un ventilatore. Tornare a scuola così è una tragedia». Classi non sicure e lamentele per il caldo non solo al Socrate. Martina, sul primo giorno, non ha dubbi: «Dopo l'estate, è pesante». Abbracci, pacche sulle spalle, immancabili sigarette e qualche polemica sulla riforma Gelmini: i liceali del quartiere Prati hanno salutato in questo modo l'inizio dell'anno scolastico. Più preoccupati, in realtà, per la nuova insegnante di inglese o per quel compagno che non va tanto a genio, piuttosto che per i tagli alla scuola. L'eco delle proteste che hanno preceduto l'ingresso dei ragazzi sui banchi in alcuni istituti della capitale è arrivato anche in questo quartiere. Soprattutto al Mamiani sono pochi i liceali che non hanno preso parte l'anno scorso alle manifestazioni contro la riforma Gelmini. Qualcuno però, come Sara 16 anni, un viso dolce e simpatico, si è anche pentito: «Ho capito che non serve manifestare perché tanto non cambia niente, meglio dedicarsi allo studio e fare il proprio percorso per uscire dalla scuola il più possibile preparati». I telefonini scottano all'uscita del Tacito. Simone si scambia le prime impressioni con Gabriele, che ha saltato il primo giorno di scuola per l'influenza. «Abbiamo una nuova prof di inglese – gli "messaggia" – non l'ho ancora inquadrata...P.S. Stasera siamo da te per la play, ho bisogno già di riprendermi dal primo giorno...che pall...». Le vacanze, il mare, il sole sono ancora nella testa della maggior parte dei ragazzi. Stella telefona alla madre: «Sono uscita, tutto ok, pranzo da Carlotta». Poi si ferma e ci lascia le sue impressioni: «Un po' emozionata nel rivedere i miei amici, tutto sommato non mi dispiace che la scuola sia ricominciata». Preoccupata per quello che si dice in giro della scuola? «Queste polemiche non sono nuove, ogni anno se ne sente qualcuna. Certo mi sento vicina a chi stamattina (ieri n.d.r.) ha protestato». C'è anche però chi dei tagli alla scuola ha un'esperienza diretta: «L'anno scorso non abbiamo praticamente fatto il corso di teatro – racconta Gianmarco, 18 anni, di fronte al liceo scientifico Talete – per colpa dei tagli alla scuola. Quando è la cultura a rimetterci allora bisogna davvero stare attenti». La pensa allo stesso modo il suo compagno, Francesco, che però ha un'idea altrettanto chiara sulle proteste. «Ho partecipato a diverse manifestazioni i primi due anni di liceo poi ho visto, purtroppo, che molti dei ragazzi che sfilano lo fanno per non andare a scuola e non per i motivi che raccontano alla stampa».

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