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Arriva l'etichetta vino «Doc Roma». E a Monte Porzio scoppia la rivolta

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Mentre ai Castelli ci si prepara per quella che si spera possa essere la vendemmia dell'inversione di tendenza e si affilano intenzioni e speranze in attesa della discussione del prezzo delle uve, dalla Capitale rimbalza una notizia che non accende certo gli entusiasmi degli addetti ai lavori. O quantomeno desta preoccupazioni. Il riconoscimento dell'etichetta «Doc Roma», ufficializzato in questi giorni su iniziativa dell'Arsial, è guardato con sospetto da chi opera nel settore castellano. «Non mi sembra la soluzione migliore per risolvere i problemi della viniviticoltura romana - dice il sindaco di Monte Porzio Catone, Luciano Gori - perché con questa nuova etichetta c'è il rischio che si generi ulteriore caos in un mercato che invece avrebbe bisogno di chiarezza e della giusta promozione dei nostri prodotti». E mentre dal consorzio di tutela del Frascati doc (che qualche mese fa ha ottenuto l'etichetta docg) e dal Comune di Frascati si preferisce non commentare a caldo una notizia che era comunque nell'aria, l'Arsial per bocca del commissario Erder Mazzocchi tiene a precisare che non si tratterà di un bastone tra le ruote del percorso virtuoso che il nettare frascatano sta compiendo. «La Doc Roma - spiega Mazzocchi - è nata con l'intento di creare nuove opportunità per i produttori della provincia romana grazie ad una riconoscibilità che, soprattutto all'estero, non ha eguali. Non riteniamo che possano crearsi problemi di sorta, soprattutto per quanto riguarda possibili sovrapposizioni con altre denominazioni: la Roma doc è stata pensata per quei produttori e quei territori che fino ad oggi non hanno avuto la possibilità di certificare la qualità dei loro vini e quindi di essere competitivi sui mercati nazionali ed esteri». Occasione di sviluppo o scomodo doppione? Mentre la raccolta incalza la questione tiene banco. E sembra non far dormire sonni tranquilli a qualcuno.

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