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"Sbronza per i cioccolatini". Ma assolta

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Giovanna aveva freddo. Ed era stanca di aspettare. Così, dopo l'incidente, ferma su un lato della strada nell'abitacolo della sua auto, aveva ingannato l'attesa mangiando alcuni cioccolatini al liquore. I vigili urbani arrivati sul posto dopo due ore e messi in sospetto dal suo alito, però, l'avevano sottoposta al test del «palloncino» e il risultato aveva avuto esito positivo. La donna presentava un tasso alcolemico superiore a 1,50 g/l. Quanto bastava per farla incorrere nelle severe norme del nuovo codice stradale, con tanto di processo e sequestro triennale del veicolo. A distanza di due anni e mezzo il tribunale monocratico l'ha assolta dall'accusa, stabilendo che l'automobilista era stata vittima di un equivoco. È accaduto verso la mezzanotte del 6 dicembre 2008. La sessantaquattrenne Giovanna T. viaggia a bordo della sua Panda quando ha un lieve scontro con un bus lungo via Trionfale. Il conducente del mezzo pubblico, che l'aveva stretta «superandola da sinistra», prosegue per non rallentare il servizio. Lei chiama la Municipale e aspetta. Per un po' tiene acceso il motore e, quindi, il riscaldamento. Poi resta nell'auto spenta e comincia a sentire freddo. Anche per questo «aggredisce» una scatola di Mon Cherì che ha con sé. Quando i vigili arrivano, constatano che la richiedente versa in uno «stato di agitazione» e ha un «alito vinoso». Procedono, dunque, con l'acoltest, che conferma le loro supposizioni. Da qui il calvario giudiziario della donna, che si vede sequestrare la Panda. Ora il giudice Angela Tursi ha riconosciuto l'«innocenza» dell'automobilista, assistita dagli avvocati Vincenzo Conti e Federica D'Angelo. Nella sentenza si legge che Giovanna «aveva consumato alcuni Mon Cherì per riscaldarsi, attribuendo a tale assunzione il tasso alcolemico rilevato dalla municipale». E l'agitazione rilevata dagli stessi operanti, doveva addebitarsi «all'insofferenza per la lunga attesa degli stessi nonchè all'aggressione verbale subita da una vigilessa infastidita in ragione dell'ora tarda della chiamata per un sinistro senza danni alle persone». In conclusione, per il giudice la condotta della signora potrà pure apparire «incongrua», ma di certo «non appare inverosimile». E, in ogni caso, è sufficiente per mettere in serio dubbio la ricostruzione dei vigili tanto che non si può dire raggiunta la prova certa che l'automobilista si fosse messa a guidare ubriaca per le strade di Roma. Da qui l'assoluzione «perché il fatto non sussiste» e l'immediata restituzione alla signora del veicolo, rimasto per tre anni sotto sequestro. «Ma adesso - si domanda l'avvocato Comi - chi dovrebbe pagare per i danni legati a questa vicenda e per tutti i disagi che la mia assistita ha dovuto sopportare?».

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