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«I miei figli faranno causa»

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«Unadimenticanza un po' grossolana - denuncia lei, ancora ricoverata nel reparto di Chirurgia d'Urgenza - Una volta tornata a casa sentivo qualcosa di strano, e poi ho scoperto che qualcosa di strano in me c'era davvero, doveva vedere quant'era grande». Non si tratta, purtroppo, dell'epilogo infelice di una commedia tragicomica stile «allegro chirurgo». Qui è tutto vero. E la cronaca sanitaria che costeggia le praterie dell'assurdo riporta nell'occhio del ciclone l'ospedale San Camillo, dove appunto la «sfortunata» signora, oltre a curarsi, ora si sfoga: «Certo, capisco perché siete venuti a intervistarmi, è uno di quei casi di malasanità, no?». La donna in questione, di cui non riportiamo il nome, ora dice di sentirsi meglio. L'intervento, o meglio, il secondo intervento, quello riparatorio, si è concluso - almeno quello - senza complicazioni: «Però si immagini che spavento, sono stata sotto i ferri per due volte nel giro di sei giorni, non capita spesso». L'odissea inizia con una banalissima diverticolite da curare. Disposto il ricovero, prenotata la sala operatoria, i chirurghi si mettono al lavoro. Tutto bene, almeno all'apparenza. Le cose si complicano dopo qualche giorno quando la signora, nel frattempo dimessa, ha appunto iniziato ad accusare forti dolori all'addome: «Avevo tanto dolore - racconta più atterrita che rancorosa - così ho chiesto ai miei figli di riportarmi all'ospedale. Dagli esami si è capito che mi era rimasto qualcosa dentro, era grande così», allarga le braccia la signora, riferendosi alla pinza che i medici le avevano dimenticato nel ventre. Organizzato in tutta fretta, il secondo intervento è riuscito senza ulteriori traumi. Ciò che comunque non è bastato, com'è presumibile, a tranquillizzare la famiglia, furiosa per quanto successo. Ancora provata, la povera signora avrebbe anche lasciato correre: «Ho bei ricordi legati a quest'ospedale, ci sono nati tutti i miei figli, e mi dispiaceva mettere nei guai i medici che ci lavorano. Sì, è stata una leggerezza, meglio se non capitava, ma sono umani anche loro. Però i miei figli non sono d'accordo, dicono che faranno causa a tutti, che su queste cose non si scherza, loro sono più battaglieri di me». Tra il personale sanitario in corsia regna una sorta di omertà. Nessuno ha voglia di parlare. Alcuni operatori negano anzi che sia accaduto alcunché. In ogni caso, le premesse per accertare eventuali responsabilità sono evidenti, indipendentemente dal fatto che la famiglia si decida o meno per la denuncia: «Vedremo come andrà avanti – conclude la signora dal suo letto d'ospedale – come può immaginare, io adesso sono tranquilla, la mia sola preoccupazione era togliere la pinza e tornare a stare bene».

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