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Silvia Mancinelli OSTIA In questo anticipo d'estate, in un fine settimana caldo e soleggiato come mai, inizia il rodaggio della tanto discussa tassa di soggiorno per il mare.

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«Ingiusta»per i turisti forestieri. «Perché devo chiedere un euro al cliente che viene da fuori Roma per trascorrere una giornata in spiaggia?», chiede Massimo Muzzarelli, proprietario dello Sporting beach. «Noi favoriamo il turismo, non siamo banditi. Stranieri qui non ce ne vengono, visto che la spiaggia ce l'ha mangiata l'erosione e ci sono rimaste solo le cabine. Alla famiglia di abbonati che viene da Grottaferrata e che dovrebbe pagare la tassa, comunque facciamo pagare la stessa quota degli altri». Un'opinione condivisa, visto che, tra i tanti gestori di stabilimenti di Ostia, nessuno ha detto di far pagare al bagnante che non sia di Roma la tassa approvata dal Campidoglio. «Siamo al mare con la nostra professoressa di italiano - spiega Liza, che arriva dall'Inghilterra - All'ingresso ci hanno dato un biglietto con un timbro ma nessuno ci ha chiesto i documenti». «Di questa tassa non so nulla – dice ancora Marian, austriaca – ma personalmente ho pagato lo stesso importo che è riportato nella tabella all'ingresso». «Non gli faccio pagare nulla – conferma Ruggero Barbadoro, proprietario del Venezia e presidente della Fiba Lazio, la Federazione italiana balneari - Ad uno straniero che chiede di entrare è già complicato spiegargli cos'è un lettino e se lo preferiscono eventualmente alla sdraio, faccio prima a consegnare loro il ticket con il timbro del Comune di Roma e alla fine della stagione la tassa la pago io». «Non sono favorevole a questo provvedimento, mi sembra piuttosto inutile - aggiunge - Meglio la tax city di cui si era parlato quest'inverno e in base alla quale si scalano pochi centesimi, ad esempio dal prezzo di un panino o di una bibita, per rinvestire quei soldi sul territorio». «Rivolta dei balneari? È una posizione minoritaria», ribatte il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «Sono gli stessi gestori che devono distinguere tra chi è residente a Roma e non deve pagare e chi non lo è e deve pagare la tassa di soggiorno. C'è un patto che è stato sottoscritto e bisogna andare avanti senza dare spazio alla demagogia, perchè questi soldi servono non soltanto a ripianare il debito del passato ma anche a promuovere Roma». «Abbiamo accettato e condiviso la tassa di soggiorno che non è pagare un balzello ma essere inseriti nel sistema turistico romano altrimenti continueranno ad arrivare soltanto i fagottari e la qualità non cresce», sottolinea Renato Papagni, presidente di Assobalneari. «Non siamo autolesionisti, magari riuscissimo a dare 100 mila euro per la tassaal Comune invece di 50 mila: vorrà dire che sono venuti più visitatori». «Nessuno mi ha chiesto documenti né soldi in più - spiega Emma, a Ostia dalla Svezia - Mi hanno consegnato un biglietto all'entrata ma ho pagato poco visto che neanche ho affittato il lettino». «Questa tassa è una stupidaggine - dichiara senza mezzi termini Franco Petrini, proprietario della Pinetina, lo stabilimento che si affaccia sul lungomare Lutazio Catulo - Dall'aspetto posso più o meno capire se un cliente che chiede di entrare sia straniero: in quel caso gli timbro il biglietto ma a pagarlo ci penso io. Questo della tassa di soggiorno è un provvedimento pieno di contraddizioni e difficoltà pratiche». «In primo luogo perché non siamo autorizzati a chiedere documenti a nessuno - insiste Petrini - Se uno straniero si presenta alla cassa per pagare l'ingresso a tutta la sua comitiva in un giorno tipo la domenica e mi dovessi mettere a chiedere il passaporto a ognuno di loro, facendogli pagare oltretutto un euro a testa di tassa, si creerebbe un caos inimmaginabile». A confermare quanto detto da Franco Petrini è lo stesso comandante del XIII Gruppo di vigilanza urbana, Angelo Moretti: «II documenti possono richiederli solo le forze di polizia e gli albergatori che hanno l'obbligo, al contrario, di certificare i clienti che entrano. E meno male, aggiungo, considerato che se i gestori degli stabilimenti si mettessero a identificare uno ad uno gli stranieri che vengono in spiaggia, si formerebbero file fino in Campidoglio». Contrari alla tassa di soggiorno anche i romani, che invece non devono pagare nulla. «È un'ingiustizia - dice Sara - Uno straniero che viene nella Capitale a trascorrere le vacanze non può essere costretto a pagare per andare in spiaggia. Il mare è di tutti». Poco chiara, oltre all'obbligo richiedere i documenti all'ingresso, anche l'ammenda che lo straniero che non si dichiari tale dovrebbe pagare. Dieci euro per «castigare» gli evasori, destinati alle casse del Comune.

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