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Leggi severe per facilitare l'integrazione

L'incidente a piazzale della Radio (Foto Gmt)

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I fatti sono spesso il segnavia che indica realtà stratificate e, dunque, degne di essere valutate con il giusto rigore. Il fatto in oggetto è ormai noto e si tratta purtroppo di un tassello doloroso in un mosaico che da troppo tempo assume forme consuete: è stato scarcerato l'immigrato romeno che, in stato di ebbrezza, ha falciato il giovane Mattia Veschi. Un giovane studente che andava in bicicletta tranquillamente, nella terra in cui era nato e viveva, compiendo gesti, anch'essi stratificati, consueti. I gesti di un giovane che vede nella sua terra il luogo di vita e non un teatro di morte. Tra il romeno che l'ha ammazzato e lui corrono circa vent'anni di differenza e questo lasso di tempo definisce lo spartiacque tra una vita vissuta nella dissipazione e un futuro stroncato da quest'ultima. Ecco, il primo nodo da tematizzare è la possibilità che un immigrato, romeno in questo caso, venga nel nostro Paese e viva così, di fatto al di fuori delle regole e della legge, senza la decenza di un autocontrollo definibile come umano, e con il piede piantato sul gas della macchina, uccidendo inermi, e giovani inermi. È intollerabile ed è un fatto, stabilito da ricerche di ogni ordine e grado, con sociologi anche di sinistra a confermare gli esiti convergenti: a provocare lutti di questa gravità sono perlopiù immigrati. Il che è francamente intollerabile. Per molte ragioni, una fra tutte: è diventato una sorta di dovere civico accettare questo status quo. Se provi a sottoporre la cosa a un minimo accento critico, sei un fascista o un intollerante. Un antidemocratico e contro ogni regime di integrazione possibile. Insomma, sei out, punto e a capo. È la deflagrazione etica della nostra democrazia e di altre democrazie europee. È l'intolleranza degli intolleranti, la loro «tolleranza repressiva». Ti tollerano come il virus in un corpo ritenuto inattaccabile. A ciò, si aggiunga un altro elemento: le norme. I giudici le applicano, e fanno il loro dovere. Ci mancherebbe altro. Ma non sta scritto da nessuna parte che siffatte norme non possano, anzi non debbano, essere cambiate. Anche perché, diciamola tutta, la così tanto propagandata «integrazione» diventa difficile, all'atto pratico, cioè basso, e diventa, come già oggi, nei fatti, è, materia di concioni salottiere da parte dei soliti noti, ossia di coloro che non vivono in quartieri normali, con gente normale e con abitudini normali. L'opinione dominante delle élites, di minoranze di eletti, sul piano sociale ed economico. Ma la democrazia si regge su un accettabile grado di consenso delle scelte da parte del popolo e della maggioranza del popolo, che di solito ha figli come Mattia, che va in bicicletta e studia con passione in scuole normali, senza scorta e protezioni particolari. Insomma, se vogliamo continuare a ragionare in termini ragionevoli e rigorosi di integrazione, allora estendiamo anche il ragionamento al diritto, alle norme, che servono a reggere le comunità nell'ordine e nella sicurezza.

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