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Basilica di S. Paolo occupata dai rom

I nomadi alla Basilica di San Paolo

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La basilica di San Paolo occupata dai rom romeni pilotati dai centri sociali. Nel giorno in cui Amnesty International lancia un'azione urgente al prefetto Giuseppe Pecoraro per fermare sgomberi degli insediamenti rom e «Piano Nomadi». Un'altra gatta da pelare per il sindaco Gianni Alemanno. Il giorno prima la strigliata di Sant'Egidio contro gli sgomberi nella Settimana Santa e la politica dell'assistenza che divide le famiglie. Ieri la singolare protesta messa in atto dalle 60 famiglie, circa 250 persone, di cui la metà minori, rom romeni a Roma da soli due mesi, sgomberati in via dei Cluniacensi, a Casal Bruciato. «Un campo dove era alta la prostituzione minorile» ha detto il delegato alla sicurezza Ciardi. Tutti hanno rifiutato l'assistenza. Chiedono che le famiglie restino unite. A mezzogiorno erano dentro San Paolo. Chi ce li ha portati? «È stato Luca» indica un rom romeno di 21 anni. Luca è Gianluca, dell'associazione Popica, onlus che lavora con i nomadi e «collabora con Amnesty International» spiega Guendalina, ragazza acqua e sapone ma chic, come Gianluca e un altro tipo in Hogan e giacchino scamosciato, sembra un pariolino d'antan. Con Popica onlus collaborano gli architetti dell'associazione Stalker di Roma Tre, l'università a pochi metri da San Paolo, sono nell'occupazione nell'ex Fiorucci in via Prenestina, realizzata dai Blocchi precari metropolitani. È zona extraterritoriale. Polizia e municipale in borghese, sorvegliano da distanza. I gendarmi della basilica non possono mandarli via. Siamo qui per «pregare» dicono i rom. Uno dei capi, Bayran spiega: «siamo qui per chiedere aiuto alla Chiesa». Scrivono una lettera d'aiuto. «In mezzo alla strada non ci vogliamo più stare». «Case per i nomadi», a dargli manforte è arrivato anche il parroco della chiesa della Natività di via Gallia, don Pietro Sigurani, accompagnato da un gruppo di tunisini. La sua chiesa ne ha accolti una trentina in pianta stabile. «Gli insegniamo l'italiano e li facciamo lavorare» dice. Altri 50 tunisini don Pietro li accoglie altrove, più di 100 ruotano su Castelnuovo di Porto. "Suo" il centro (non era il Cara) che in questi giorni sta accogliendo gli immigrati nordafricani. «Non si specula sui poveri» tuona don Pietro, che ribatte alla guardia che lo invita a fare la conferenza stampa fuori: «so' prete non mi faccio cacciare dai gendarmi in chiesa» dice. Bacchetta «la campagna elettorale permanente». «Per l'integrazione servono le case» dice. «A una decina di famiglie gliele daremo noi insieme a Sant'Egidio (ieri in basilica c'era il vicepresidente Paolo Ciani, ndr)». Dunque è questa la linea: case per i nomadi. E San Paolo è la ribalta. Un po' come fecero 300 senzatetto che occuparono una navata di San Giovanni in Laterano nel dicembre 2005. Per l'assessore Gianluigi De Palo è una "cartaccia. In conclave coi capi rom ripete «Assistenza al Cara solo per donne e bambini». La promiscuità non è consentita. I rom rispondono sì «ma con reparti divisi nello stesso centro».

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