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Topi «freccia rossa» e alcol per cucinare

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Topibattezzati «freccia rossa» per la rapidità della fuga, materassi a terra tra scarpe, stracci, valigie nella hall al piano terra, letti ai piani superiori, sistemati nelle stanze che erano alloggi e uffici di una volta. Fino ai primi anni '90 al civico 9 di via dei Villini c'era l'ambasciata somala, una bella palazzina con garage e giardino attorno incastonata nel quartiere Nomentano. Ora è un ricovero di somali che non hanno più una casa e neppure un paese dove andare. La Somalia è divisa in tre: nella parte nord-occidentale c'è il Somaliland legato alla Gran Bretagna, sul lato est il Puntland, e al centrosud il deserto che confina con l'oceano Indiano dove guarda la vecchia capitale Mogadiscio massacrata dalla guerra civile. Fino a oggi sono quasi una ventina i governi provvisori che hanno tentato di formarsi, riuscendo a estendere la loro autorità solo una parte di Mogadiscio. Chi ha il potere sono gli islamici. Ecco perché i somali a Roma sono rifugiati. Ed ecco perché via dei Villini è da sempre il loro ricovero. A novembre la polizia ha fatto un blitz arrestando due spacciatori. L'ambasciatore somalo va per le spicce e dice che lì ci sono solo «delinquenti, persone che hanno reati sulle spalle». Se così fosse, però, le forze dell'ordine si sarebbero già comportate di conseguenza. In quella palazzina c'è gente che si arrangia. Non funzionano i termosifoni, non c'è energia elettrica ma come tutti i somali Mohamed Ibrahim ha il commercio nel sangue ed è riuscito a tirar fuori soldi anche dalla miseria. Prepara tè per 50 centesimi e un piatto di riso per due euro. Come li prepara: con la fiamma che sale da una scatola di tonno colma di alcol denaturato. Intanto ieri sera oltre un centinaio di somali ha tentato l'assalto per rientare nella sede di via dei dei Villini, sostenuti da alcuni esponenti dei centri sociali, Action in prima fila. La polizia ha caricato una trentina di loro disperdendoli. Fab. Dic.

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