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Quasi Ligabue

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diCARLO ANTINI Vederlo suonare a teatro ci fa pensare all'uomo. Ci fa pensare alla carne e alle ossa. Agli occhi che, abbagliati dai riflettori, cercheranno di riconoscere qualche viso tra quelli allineati in prima fila. Dopo aver riempito all'inverosimile e infiammato gli stadi di mezza Italia, Ligabue tira il fiato. Ma per uno «che canta invece di lavorare» (come dice lui), tirare il fiato vuol dire salire ancora una volta sul palco. Magari uno più piccolo, davanti a meno gente, ma pur sempre sul palco. Ligabue (o dovremmo chiamarlo quasi Ligabue), è già sceso in campo. Il debutto della tournée invernale sabato scorso al Teatro Arcimboldi di Milano, davanti a 2400 fan in delirio. Dopo il concerto, come un normale padre di famiglia, Liga ha caricato in macchina moglie e figli ed è tornato a dormire a casa, a Correggio. Per ripartire il giorno dopo per Milano, questa volta verso il Teatro Dal Verme, seconda tappa della tournée. «Il tour l'abbiamo chiamato "quasi acustico" - racconta Ligabue - perché non ci saranno solo strumenti acustici ma anche una minima strumentazione elettrico/elettronica. Tanto per dare un'idea percentuale credo che saremo sul 95% acustico e 5% elettrico/elettronico. Suoneremo, come abbiamo sempre fatto a teatro da seduti. Il che vorrà dire che le emozioni che speriamo di produrre saranno diverse da quelle che si provano in uno stadio o in un palazzetto. Saranno interpretazioni meno fisiche, sicuramente meno urlate o pestate ma probabilmente più ricche di sfumature. Abbiamo deciso che lo spettacolo sarà molto semplice, essenziale e senza uso di schermi. Vorremmo tutta l'attenzione sulla musica». Un concerto così potremmo definirlo senza filtro. Chi ha visto la prima tappa milanese assicura che l'unico rimasto davvero seduto per tutto il tempo è stato solo Ligabue che ha diviso con la sua chitarra il centro della scena. Accolto da un boato da stadio, nella sua consueta tenuta «camicia a scacchi-jeans-stivali», il rocker è partito in tono quasi intimista, interpretando da solo «Metti in circolo il tuo amore», colonna sonora di «Radiofreccia». Raggiunto sul palco prima da Luciano Luisi (piano e tastiere) e Mel Previte (chitarra e mandolino), e poi dal resto della band, ha alternato brani vecchi e nuovi, pezzi dal tiro più rock e ballate da accendino ondeggiante ma, nonostante la versione meno urlata, non è riuscito a evitare che, sui brani più noti e tirati, da «Quando canterai la tua canzone» a «Balliamo sul mondo», da «Vivo o morto X» a «Urlando contro il cielo», il teatro si trasformasse in uno stadio, con tanto di tifo, cori e pubblico in piedi. Tra le poche a resistere al richiamo del ballo, la figlia piccola Linda, appoggiata sulla spalla della madre Barbara. Poco lontano, Lenny, l'altro figlio di Ligabue. Che dopo «Buonanotte all'Italia» ha voluto chiudere il live con l'invito a «pensare sempre, anche a costo di qualche delusione, che il meglio deve ancora venire». I primi a sperarlo sono i fan romani che dovranno, però, attendere fino al 1° febbraio per la prima delle tre tappe all'ombra del Colosseo. Si comincerà al Gran Teatro di Tor di Quinto, per proseguire il 2 febbraio all'Auditorium e chiudere il 3 alla Conciliazione. Il tutto esaurito in prevendita non fa notizia. La sorpresa, invece, nasce dal tour itinerante anche all'interno della stessa città, come avverrà a Roma, Firenze, Torino e Napoli. «Abbiamo fatto una scelta che dal punto di vista produttivo è sicuramente balorda - ammette Ligabue - Avrete notato che quando stiamo per più di una data in una città non siamo mai nello stesso teatro. La scelta che qualsiasi agenzia avrebbe preferito sarebbe stata: poche città e in quelle città starci il più a lungo possibile nello stesso teatro. Ogni spostamento è fatica e soldi in più. Noi invece abbiamo deciso di chiedere uno sforzo in più a chiunque lavorerà per questo tour perché così non solo raggiungeremo quasi ogni regione d'Italia ma, soprattutto, ogni sera suoneremo in un teatro diverso. Ci piacerebbe che ogni serata avesse un sapore davvero unico». A renderlo unico ci penserà certamente il pubblico. Quegli stessi fan che hanno reso l'album «Arrivederci, mostro!» il disco più venduto del 2010 e il relativo tour estivo negli stadi il più visto dell'anno. Quello stesso pubblico che, in questi giorni, sta decretando il successo del cofanetto «Arrivederci, mostro! (Tutte le facce del mostro)» e del singolo «Ci sei sempre stata». Quello stesso pubblico che ha fatto di tutto per esserci ancora una volta. In barba ai sogni di rock 'n' roll.

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