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Cosimo Bove ANZIO Chiesto il rinvio a giudizio di quattro poliziotti del Commissariato di Anzio indagati per la morte di Stefano Brunetti, un 43enne della zona arrestato solo ventiquattr'ore prima per furto e lesioni.

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L'uomo,ex tossicodipendente e già noto alle forze dell'ordine, era stato arrestato l'8 settembre di due anni fa dopo aver tentato di rubare nel garage di una casa ad Anzio e aver picchiato con una mazza il proprietario che lo aveva sorpreso. Non contento, aveva aggredito gli agenti della Volante intervenuti sul posto su segnalazione della vittima del furto. Solo allora era stato caricato di peso nell'auto dei poliziotti e portato in Commissariato. Una notte che gli agenti di Polizia ricordano bene, considerato che per sedare Brunetti, ancora in escandescenza al momento del fermo, era stato necessario l'intervento della guardia medica. Solo dopo l'uomo era stato trasferito in carcere a Velletri, dove la mattina seguente le sue condizioni si sono aggravate rendendo necessario un ricovero d'urgenza in ospedale. È stato allora che l'uomo, durante gli accertamenti, ha smesso di vivere. Per la Procura di Velletri, che ha svolto le indagini, Brunetti è morto a causa delle percosse infertegli dai quattro agenti nella camera di sicurezza del Commissariato. Il Gup deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio il 6 giugno prossimo. Incredulità evidente per la richiesta del Pm tra gli agenti di Polizia di Anzio. «A noi non è arrivato nulla – spiega Antongiulio Cassandra, dirigente del Commissariato – e neanche ai quattro indagati. Mi sembra strano che un Pm dia una notizia del genere prima alla stampa che a noi. Sarebbe la prima volta. Ad ogni modo, ho riletto gli atti di quella sera e non capisco proprio come si sia potuti arrivare alla richiesta di rinvio a giudizio». Soddisfazione invece è stata espressa dai familiari della vittima. «Ora ci aspettiamo giustizia - ha detto Carmela, sorella di Brunetti - e che chi ha sbagliato paghi, anche se porta la divisa. La legge deve essere rispettata non solo dai cittadini, ma anche dalle istituzioni. Dal primo momento che ho visto il suo cadavere ho detto subito che era stato ucciso, perché era pieno di lividi e aveva il naso rotto: era stato chiaramente picchiato».

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