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La presentazione del Gp d'Italia, in programma domenica a Monza, è stata l'ennesima occasione per organizzatori e politici locali di contestare lo sbarco della Formula 1 a Roma.

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Inrealtà, i sostenitori di Monza stanno mettendo in atto una sorta di «guerra preventiva» essendo terrorizzati dalla possibilità che il Gp romano possa diventare molto più appetibile per gli sponsor a caccia di visibilità nell'automobilismo. Come dire, dividere una torta che finora era stata mangiata per intero non fa piacere a nessuno. Ciò di cui non tengono conto gli amministratori lombardi, però, è che la vera concorrenza per loro non è rappresentata da Roma, ma da tutte quelle nuove frontiere - Usa, Russia, Corea, India - verso le quali Ecclestone sta portando la Formula 1 pur di raccattare gli spiccioli necessari a mandare avanti una baracca colpita nel profondo dalla crisi economica. Per far questo, il patron del Circus ha già minacciato di mettere nel dimenticatoio circuiti storici come Spa o Silverstone, colpevoli di non avere appeal mediatico o sceicchi come organizzatori. Da questo punto di vista, più che una guerra aperta tra Roma e Monza sarebbe necessaria un'alleanza. Perché la Formula 1 sta diventando sempre più un business e meno uno sport. E le fragili spalle brianzole, forse, da sole non riuscirebbero a reggerne il peso.

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