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Una rapina da 700 mila euro nela cassaforte dei cinesi, nel cuore dell'Esquilino, di fronte la Basilica di Santa Maria Maggiore, alle 14, in uno dei primi pomeriggi afosi in una Roma già semivuota

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Èstato un colpo rapido, studiato (in quell'ufficio soprattutto cinesi e bengalesi portano i soldi destinati ai loro paesi di origine), che porta la firma di balordi italiani, eseguito con accortezza (avevano tutti il passamontagna e i guanti per non lasciare impronte digitali), senza feriti, che ha reso molto con pochi rischi, e alla fine ha regalato un fuori programma che neppure i quattro rapinatori avevano previsto. All'uscita dal portone in via Carlo Alberto, al civico 10, dove si trova il money transfert Bpi spa, uno di loro ha perso la pistola. Un passante ha visto l'oggetto cadere, non ha capito subito di cosa si trattasse e cortese ha avvisato il malvivente: «Scusi, ha perso qualcosa». E l'altro, mettendoci il piede sopra: «Grazie, non si preoccupi». È l'ultima scena gentile di un film cominciato col terrore. Sul caso indagano i carabinieri della Compagnia Piazza Dante, del comandante Ivan Riccio. Oltre alla testimonianza del passante, che ha visto uno dei rapinatori, i militari sperano di individuarli attraverso le registrazioni delle immagini dell'irruzione: sia esterne, sia interne. Alle 14 circa, quattro italiani si presentano all'entrata della Bpi. Calzano il passamontagna, estraggono le armi e s'infilano nel portone di legno. In alto, a sinistra, è piazzata la telecamera del money transfert: guarda proprio a quell'ingresso. Uno della banda resta a fare da palo, gli altri tre salgono in fretta pochi scalini poi s'infilano nella porta a sinistra, dove c'è la Bpi. Per accedere agli uffici ci sono due porte in alluminio con ampie vetrate. I tre estraggono un tubo innocenti e colpiscono la prima porta. Si apre in un lampo. Altro colpo, alla seconda. Intanto all'interno i quattro dipendenti cinesi guardano con l'aria incredula. La paura si materializza quando i tre entrano, gettano il tubo e puntano le armi. «Non vi agitate, consegnateci i soldi». Gli addetti eseguono, senza fiatare. Gli euro sono nei cassetti, divisi in mazzette. Riempiti i sacchi i predoni se ne vanno. Fuori l'incontro col passante poi la fuga a piedi. I dipendenti chiamano il 112. La gazzella dei carabinieri arriva in un attimo. Gli investigatori sentono i testimoni, portano via il tubo, la scientifica passa al setaccio l'ufficio, si rivedono le immagini registrate dalle telecamere. Ora all'appello mancano i rapinatori.

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