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"Bianchini non era sui luoghi degli stupri"

Bianchini all'epoca dell'arresto nel 2009

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Luca Bianchini, il ragioniere romano di 34 anni sotto processo perché accusato di essere lo stupratore seriale responsabile di tre violenze compiute tra l'aprile e il luglio scorsi in alcuni garage alla periferia della capitale, non era sui luoghi in cui furono commessi gli stupri. È una novità processuale quella che ha illustrato ieri l'avvocato Giorgio Olmi nel corso del suo intervento conclusivo al processo che mercoledì si concluderà con la sentenza. «Bianchini - ha detto Olmi - aveva due telefoni cellulari e dai tabulati telefonici abbiamo accertato che ha effettuato alcune chiamate da luoghi non compatibili nè vicini a dove furono commessi gli stupri che gli si contestano. Telefonò a un sensitivo da una cellula telefonica distante 6-7 chilometri dal posto in cui in quel preciso momento si stava consumando lo stupro; e altre telefonate compiute sono incompatibili con le scene dei crimini». L'altro difensore di Bianchini, l'avvocato Bruno Andreozzi, ha sollecitato l'effettuazione di «una perizia per stabilire il posto preciso nel quale è stato utilizzato il cellulare, le distanze, i tempi di percorrenza rispetto ai luoghi dove furono commessi gli stupri». La parte più lunga dell'intervento dell'avvocato Olmi è stata focalizzata sul tema del Dna. «Non ne mettiamo in discussione il valore scientifico - ha detto - ma segnaliamo l'esistenza di punti oscuri e il fatto che l'indagine non è stata condotta con il rigore scientifico necessario». Per l'avvocato Andreozzi, «nelle perquisizioni non è mai stato trovato un coltello a serramanico o a scatto come quello descritto dalle aggredite. Mai trovato un passamontagna uguale o simile a quello indicato dalle donne e mai trovati slip che sarebbero stati sottratti».

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