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Corviale si divide

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Corviale

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«Credo più alla fine del mondo nel 2012 che all'abbattimento del Serpentone». Gianfranco Giavalisco abita nel Nuovo Corviale da 27 anni. Di demolire tutto e ricostruire ne sente parlare da 20. E ha perso la fiducia. La proposta dell'assessore alla Casa, Teodoro Buontempo, è sulla bocca di tutti. Ci sono i favorevoli e ci sono i contrari. Difficile trovarsi d'accordo. I due fronti si osservano da barricate opposte. Su una cosa sola il giudizio è unanime: «Sono chiacchere, le sentiamo da troppo tempo, non si farà mai nulla». Convivere con l'anaconda di cemento non è facile. C'è chi ha adottato un manuale di sopravvivenza molto semplice: «Basta avere i paraocchi e non guardarsi intorno. Io faccio così. Una volta che ho chiuso la porta di casa va tutto bene». È la filosofia di Marcello, nella vita cameraman, inquilino del Serpentone da 28 anni. Dalla prima infornata del 1982, quando l'alveare umano iniziò a prendere forma. La sua casa si trova a largo Fedi, al secondo piano del quinto lotto. Marcello però spera: «Se davvero riuscissero a riqualificarlo sarebbe un bene. Intanto potrebbero pulire di più. Le scale sono inguardabili, c'è di tutto: cartacce, materassi, sigarette». I residenti ammassati nei due palazzi lunghi un chilometro per nove piani di altezza («le stecche») tirano avanti così: basta non farci caso. Ma c'è anche chi è pessimista. Come Santo, che vive qui dal 1987: «La verità è una sola. Questo posto è incontrollabile». La soluzione? «Si può anche tirare giù tutto e poi ricostruire. Ma potrebbero anche levare qualche piano. Abbassare il palazzo e spostare una parte degli appartamenti. Di terra dove costruire ce n'è tanta». Un'eventualità che invece fa rabbrividire Carmela Calderella, inquilina del Nuovo Corviale da 24 anni: «Non c'è alcun bisogno di abbattere le case. Siamo tutta brava gente, ognuno ha la sua vita. E poi dove dovremmo andare?». È proprio questa la domanda che terrorizza la maggior parte dei residenti. Senza contare che c'è anche un altro ostacolo da superare: i sentimenti. Lo spiega Giuseppe Gagliano, anche lui un assegnataro del glorioso 1982: «È tanto tempo che vivo qui, ci sono affezionato. Ho i miei ricordi. Se decidono di abbattere io vengo giù con la casa. È vero, sopra di me ci sono gli abusivi, ma non me ne frega niente. Non fanno nulla di male. Sì, non pagano la luce, ma io sto bene». Ma c'è anche chi non è d'accordo. Claudia (il cognome preferisce non dirlo per paura di ritorsioni) non ne può più: «Un anno fa ho scoperto che gli abusivi del quarto piano si erano allacciati ai miei fili della corrente sotto le scale. Il contatore era impazzito. Così ho chiamato i tecnici e ho scoperto che mi stavano succhiando l'energia». Il quarto piano è sicuramente il problema maggiore. Secondo l'idea originaria avrebbe dovuto ospitare negozi, ambulatori, laboratori di artigiani, studi professionali e farmacie. E invece è il regno degli abusivi. Centinaia di famiglie che hanno occupato non appena ne hanno avuto la possibilità. Alessandra è una di loro. Vive qui da 20 anni, al quarto piano del quarto lotto. Deve mantenere due figli. Dal soffitto pendono i tubi dell'acqua degli appartamenti del piano di sopra. «Ogni tanto si allaga tutto. C'è un'umidità incredibile. L'Ater ci aveva detto che avrebbe fatto i lavori. Ancora meglio se ci danno una casa nuova». Monica abita al piano di sopra. Il suo alloggio è assegnato regolarmente. Non ce l'ha con chi ha occupato: «Non è facile vivere nelle loro condizioni. Non mi parrebbe vero se ci dessero dei palazzi decenti. Gli ascensori sono rotti, i citofoni pure. I topi girano tra i rifiuti». Ma anche lei è preoccupata: «Parlano di demolire e ricostruire. Ma lo sanno che siamo migliaia? Nel frattempo, hanno un'idea di dove metterci?».

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