Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

"Il video-ricatto? Ero all'oscuro"

L'interno dell'abitazione di Brenda dopo l'incendio

  • a
  • a
  • a

«Non sono una mela marcia. È stato un onore essere arrestato dai miei colleghi». Dopo lo scandalo che ha travolto l'ex governatore del Lazio Piero Marrazzo, le accuse ai quattro carabinieri per il video girato per ricattarlo a casa di un trans sulla Cassia, le manette ai militari e il no della Cassazione alla richiesta di scarcerazione, per Antonio Tamburrino, uno dei cinque carabinieri della Compagnia Trionfale impigliato nei guai giudiziari, al momento sembra questa l'unica consolazione alla quale aggrapparsi. Il resto - la sua innocenza e la sua libertà - è da decidere. Ieri ha raccontato la sua verità alla trasmissione tv «Quarto grado», su Retequattro. «Non credevo - racconta - che sarebbe successo tutto questo: quattro arresti, un transessuale morto. Una bufera. Quando il mio avvocato mi ha informato delle morte di Brenda, ho detto una preghiera, poi non mi sono preoccupato. Io non lo conoscevo e non so neanche come sia morto. Il 3 luglio non ero presente in via Gradoli (casa del trans Natalie), né sapevo dell'incontro tra il presidente Marrazzo e il trans. A metà luglio - prosegue - è venuto un mio collega, Luciano Simeone, e mi ha chiesto se conoscessi qualcuno nel mondo del gossip. Io chiesi di cosa si trattasse ma Simeone si rifiutò di dare spiegazioni, dicendo che mi avrebbe fatto vedere di cosa si trattava in un secondo momento. Mi disse che era una cosa urgente e che gli serviva immediatamente un contatto per fare uno scoop. Io ho organizzato l'appuntamento: ci siamo incontrati in un appartamento e c'era un altro collega, Carlo Tagliente, che ha parlato con il fotografo Massimiliano Scarfone, dicendo che gli avrebbe fatto vedere un filmato audio-video (poi riversato su cd, ndr). Io non sapevo che avevano ricattato Marrazzo - continua - Ho scoperto tutto quando sono scattate le manette e ancora non credevo ai miei occhi. Non ho capito che c'era sotto un ricatto. Il tentativo di vendita del filmato c'è stato - conferma - e i miei colleghi ci avrebbero guadagnato intorno ai 50 mila euro». Poi conclude: «Non sono una mela marcia (definizione data dal comandante provinciale dei carabinieri, il generale Vittorio Tomasone) e sono fiero di tutto ciò che ho fatto per l'Arma. È stato un onore farmi arrestare dai miei stessi colleghi, perché io mi sento ancora carabiniere: anche se non lo sono giuridicamente, lo sono ancora amministrativamente. Sono sospeso in via precauzionale. Spero che il processo penale duri il minor tempo possibile perché non vedo l'ora di poter di nuovo indossare la mia divisa».

Dai blog