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Stupro sul bus, il satellite non ha rilevato deviazioni

Mezzi pubblici

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Lo stupro sull'autobus si colora di giallo. Di fronte al rifiuto della presunta vittima, una quarantunenne etiope di nazionalità italiana, di fornire una descrizione del suo violentatore, alle difficoltà di identificarlo fra le decine di autisti che per conto dell'Atac o della Tevere Tpl svolgono servizio al Prenestino, la possibilità degli inquirenti coordinati dal pm Eleonora Fini di sbrogliare il bandolo della matassa si riducono sensibilmente. Come se non bastasse, i rilevatori satellitari della Tpl non hanno registrato alcuna deviazione dei mezzi della linea «051», quella che parte da via delle Cerquete e fa capolinea alla stazione di Grotte Celoni, la sera di domenica 31 gennaio.  La donna, invece, aveva dichiarato che il suo aggressore aveva effettuato una deviazione sul percorso prestabilito, fermandosi in una zona isolata per abusare di lei con la forza. Alla Tpl, che nel 2005 ha vinto un appalto per gestire il trasporto pubblico urbano periferico con un'ottantina di linee, spiegano che ancora non vi è alcuna certezza sul tipo di bus descritto dalla vittima. E, a differenza da quanto pubblicato da alcuni giornali, gli investigatori non avrebbero ancora fatto richiesta dei tesserini con foto e dei nomi dei conducenti. Anche se la Tpl è un consorzio composto da dieci aziende e, quindi, la richiesta della Mobile di Vittorio Rizzi potrebbe essere giunta esclusivamente a una di queste. Di certo c'è solo che i mezzi dotati di rilevatore satellitare (circa il 90% del totale) non hanno fatto registrare deviazioni sul tragitto «ufficiale». Inoltre il «051» rientra a fine turno, cioè a mezzanotte e quaranta, nel deposito di via Tor Cervara, mentre la donna avrebbe fatto riferimento a quello Prenestino, dove invece vengono custoditi i bus Atac della linea «055». Anche molti mezzi di quest'ultima azienda usufruiscono del controllo satellitare e, quindi, è presumibile che i controlli riguarderanno pure l'Atac. In procura, intanto, si continua a lavorare sodo per dare un nome e un volto al bruto. Indagini rese più difficili dall'atteggiamento dell'etiope, che inizialmente non ha voluto presentato denuncia e sembra non avere intenzione di collaborare con gli inquirenti: «Voglio riposare e dimenticare, non chiedetemi nulla perché non ho intenzione di parlare», avrebbe detto la donna, che non ha un dimora fissa e quella sera sembra fosse ubriaca.

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