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Da anni i partiti attraversano una crisi senza uscita.

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Nonhanno idee né facce nuove. O almeno credibili. Hanno perso la sfida del ricambio. Non solo generazionale. Hanno smesso di cercare nuove strade. In questo momento così magro di speranze, servono candidati di rottura. Lo capì il sindaco Veltroni quando «inventò» l'impegno di Piero Marrazzo alle Regionali del 2005. L'allora governatore uscente, Francesco Storace, sembrava imbattibile. Il giornalista di «Mi manda Raitre», partito con un distacco del 18 per cento, riuscì a sovvertire il pronostico. Ma pochi mesi dopo Marrazzo era già «organico» al nascente Partito democratico. Infine nell'ultimo braccio di ferro si è schierato con Pierluigi Bersani. Poi la vicenda di cui è stato vittima ha spazzato via tutto. Oggi, dall'altra parte del campo, Renata Polverini comincia con il piede giusto. I suoi manifesti non hanno simboli di partito e lei stessa ha chiarito con naturalezza che non prenderà la tessera del Pdl: «Sono chiamata a svolgere un ruolo politico importante, ho una storia mia personale, credo quindi che non sia determinante in questo momento» ha detto la candidata del centrodestra alle Regionali di primavera. Così evita l'errore politico di Marrazzo: disperdere, o almeno limitare, il suo patrimonio civico dando la sensazione di aver ceduto alle nomenklature. Ecco, questa sarà la sfida della Polverini se diventerà governatore: trasformare la sua «storia personale» in una politica. Ben al di là dei partiti.

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