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Così il boss ha venduto appartamenti ai privati

L'ex latitante Mario Santafede

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Il boss le ha costruite coi fiumi di denaro del traffico di droga che gestiva tra Sudamerica, Spagna e Italia. Ora Santafede sconta il carcere duro del regime 41 bis nella casa circondariale di Opera, a Milano. A settembre, nella sua reggia spagnola di Malaga è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma coordinato dal maggiore Lorenzo Sabatino. Mentre i militari gli mettevano le manette, i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Roma cominciavano la caccia al tesoro del boss. Dopo mesi di intercettazioni telefoniche, controlli delle dichiarazioni dei redditi e pedinamenti, la ricerca ha dato i suoi frutti. Ieri i numeri dell'operazione diretta dal capitano Antonio Riccardelli: 37 immobili, un appartamento a Malaga (Spagna), terreni, 2 attività commerciali, 10 tra auto e moto, quote di partecipazione in 8 società, una cooperativa e 14 conti correnti. Valore complessivo: oltre 10 milioni di euro. Nell'elenco c'è anche un bar alla Marranella, a Roma. E un ristorante con annesso stabilimento balneare, molto noto sul litorale di Latina. Ma il grosso dei possedimenti sono società attive nel settore edilizio che costruivano e vendevano case, in particolare nelle zone di Anzio e Nettuno. Pare che l'edilizia sia sempre stata un pallino del camorrista, un affare e una passione insieme. Coi soldi della droga, il boss ha foraggiato imprese gestite da un factotum di fiducia il quale ha fatto girare e fruttare i soldi. Ha individuato i terreni, ha delegato il progetto e ha dato il via alla costruzione degli immobili. Una volta ultimati li ha venduti a privati cittadini. Questi immobili però non sono stati sequestrati. La Finanza ha messo i sigilli solo alle proprietà dlle società il cui cordone ombelicale era collegato agli affari sporchi di Santafede. I militari delle Fiamme gialle non hanno indagato la decina di teste di legno comparse a capo delle società: l'inchiesta mirava a mettere i lucchetti al tesoro del boss. Gli accertamenti continuano. In alcuni casi la proprietà dei beni è stata intestata a certi suoi parenti. Il secondo round dell'indagine mira proprio a ripercorrere questa rete di connessione, tra Santafede e i suoi prestanome.

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