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Il Cammino della Pace è firmato Deredia

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GabrieleSimongini Mai prima d'ora uno scultore contemporaneo ha avuto il privilegio di vedere Roma ai suoi piedi come il costaricano Jiménez Deredia. Da ieri le sue sculture sono presentate nella Via sacra del Foro Romano (ed è la prima volta per un artista di oggi) e nel Palazzo delle Esposizioni, completando il percorso che aveva preso avvio alcune settimane fa con altre opere esposte e tuttora visibili nel Colosseo, nelle piazze Barberini e San Lorenzo in Lucina, nei Palazzi Altemps e Massimo alle Terme. Il tutto con tanto di imprimatur, durante la presentazione alla stampa, del Sottosegretario al Ministero dei Beni culturali Francesco Giro, del Consigliere artistico della Presidenza della Repubblica Louis Godart e del Soprintendente per i Beni archeologici di Roma Angelo Bottini. La mostra intitolata «La genesi e il simbolo» ha il suo cuore nell'ambizioso progetto «La Ruta de la Paz», il Cammino della Pace: in nove paesi del continente americano, dal Canada all'Argentina, Deredia collocherà immense sculture monumentali ispirate alle misteriose e antichissime sfere cosmiche degli indios Boruca. La genesi evolutiva della forma vivente, raccontata attraverso diverse serie costituite da quattro sculture ciascuna, è l'idea più originale di Deredia. Ma lo scultore costaricano è più convincente quando resta nell'ambito dell'astrazione organica, mentre diventa quasi grottesco quando si cimenta con la figura umana, avvicinandosi perfino a Botero. Le sue «bambolone» che vorrebbero forse evocare la Madre Terra sembrano gonfie d'aria e non comunicano alcun mistero. Tanto che ci viene spontanea una domanda: era proprio necessario e giusto un omaggio così spropositato? E d'ora in avanti quanti altri scultori, soprattutto italiani, avranno ben diritto di pretendere altrettanto?

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