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La Lazio di Lotito e il regno di Agnelli

Ancora scontri verbali tra i due presidenti: il biancoceleste non vuole fare il vassallo

Luigi Salomone
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Non ci sta Lotito a passare per il carnefice. Andrea Agnelli non è l'unico che pensa alla salute dei suoi calciatori. La ricostruzione di questi giorni, ancora una volta parziale, vede i due presidenti di Lazio e Juve su posizione contrapposte in Lega Calcio. Il motivo? La ripresa degli allenamenti. Il numero uno biancoceleste vorrebbe  far tornare a lavorare i calciatori con tutte le cautele del caso, con il centro sportivo di Formello sanificato alla perfezione da una delle sue ditte di pulizie. A gruppi di otto Immobile & co. potrebbero tornare a correre sui prati senza avere alcun contatto fisico come prevede il decreto del Governo. Agnelli, forse perché i suoi giocatori sono scappati oppure sono in quarantena per la positività di Rugani e Matuidi, vuole aspettare ma siamo così sicuri che non sia interesse di parte più che voglia di salvaguardare la salute altrui? Del resto, Agnelli voleva giocare contro l'Inter a porte aperte, magari spostandola a lunedì 2 marzo in piena emergenza. Poi sappiamo tutti come sia andata a finire, tutti felici, sorpasso Juve, bianconeri in testa e la Uefa dell'amico Ceferin pronta a certificare che, in caso di stop definitivo,  la Juve sarà campione. Tant'è, intanto Higuain ha violato la quarantena di 14 giorni col permesso della Juve di Agnelli che conta più di quello del ministro Lamorgese eppure nessuno si è preoccupato della salute degli argentini o di bosniaci e tedeschi visto che anche Pjanic e Khedira sarebbero tornati in patria. Così va l'Italia dove solo Lotito non si piega ai potenti e lotta contro chi vuole decidere tutto. Insomma l'unica vera colpa del numero uno biancoceleste e non voler accodarsi ad altri club ed essere un altro vassallo del principe Agnelli.

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