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Pd, il piano di Zingaretti: più voti di Schlein. Così sfila il ruolo di “capo” a Bonaccini

Mira Brunello
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Bruxelles val bene una messa. Almeno per Nicola Zingaretti che ha intenzione di mettere tutti nel sacco, o farlo comunque un’altra volta. L’ex presidente della Regione Lazio, ex presidente della Provincia di Roma, si vanta di non aver mai perso un turno elettorale. Ed anche quando lo avevano inguaiato eleggendolo segretario del Pd, il prode Nicola, dopo qualche anno di noia mortale, sai gli sbadigli durante quelle riunioni infinite con Andrea Orlando, trovò il modo di dimettersi con una scusa. E di tornare a correre. Ora l’attuale deputato Pd, numero due nella circoscrizione Centro, ha messo nel mirino le 200mila preferenze. Ovvero la possibilità di avvicinarsi il più possibile al record di Simona Bonafe, che ne prese 288mila ma nel 2014, quando Matteo Renzi fermò l’asticella dem sopra il 40%. Fantascienza per Elly Schlein, per dire tutta un’altra storia. Il tetto fissato da Zingaretti si porta dietro tre inevitabili conseguenze: lasciare al palo come seconda degli eletti la segretaria capolista, vincere la cronometro a distanza con Stefano Bonaccini nel Nord Est e quindi ottenere la designazione di capo delegazione dem al Parlamento europeo. La terza conseguenza è quella di mettere nei guai, i candidati uomini nel Centro, ovvero Dario Nardella, Marco Tarquinio e Matteo Ricci, a cui letteralmente rischia di mancare la terra sotto i piedi.

 

 

Premessa, il Pd nella circoscrizione Centro dovrebbe far scattare tre seggi, il quarto eventualmente solo con i resti. Quindi, con le dimissioni della segretaria, i posti in ballo possono essere quattro, cinque solo con un miracolo. L’ordine di arrivo, dalle parti del Nazareno, è così preventivato: Zingaretti, Schlein, Tarquinio, Nardella. Con le donne completamente fatte fuori, a partire dall’uscente Camilla Laureti e alla "rientrante" Alessia Morani. Naturalmente fuori anche il candidato di Lorenzo Guerini, il pisano Antonio Mazzeo, presidente del consiglio regionale della Toscana. In bilico invece l’astro nascente di questo girone infernale dem, ovvero Matteo Ricci. Il quasi ex sindaco di Pesaro è stato adottato dal guru della sinistra di tutti i tempi, Goffredo Bettini. Il quale Bettini, dopo una separazione molto colorita, così almeno la descrivono i "congiunti", proprio con Nicola Zingaretti, gioca su almeno due tavoli per rallentare la corsa dell’ex sodale. Uno è Ricci, portato in palmo di mano in tutte le "doppiette" dei compagni da Lucca ad Ancona, da Frosinone a Terni. Il secondo tavolo porta direttamente ad Avs, la lista che fa capo al "cugino" Nicola Fratoianni, ed in modo specifico a Massimiliano Smeriglio, eurodeputato uscente e praticamente "figlioccio" di Goffredo. Un pacchetto di voti, gestito per conto del "capo", finisce così fuori dal Pd, pur di stare a distanza di sicurezza dall’ex presidente della Regione Lazio.

 

 

Un groviglio di cui si lamenta l’estraneo Marco Tarquinio, l’ex direttore dell’Avvenire, candidato da Elly per le sue posizioni "pacifiste", sostenuto dai circoli bianchi della Circoscrizione ma non dalle sezioni. Insomma non è proprio "Love is in the air". Neanche per la segretaria, nel caso in cui venisse superata da uno dei suoi più recenti predecessori. Bello smacco, battuta in casa, e dal capogruppo in pectore della delegazione di Bruxelles. Un "pasticcio" che il 9 giugno rischia di trasformarsi in uno psicodramma, tanto più che stavolta Nicola tutti lo vedranno arrivare.

 

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